Macroregioni va bene, ma le cose importanti?

A Terni come a Perugia, insomma in Umbria, ci sono faccende urgenti che sembrano invece dimenticate. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Ma sì faranno davvero le ‘macroregioni’? E quando? Al momento non c’è granché di concreto ma solo tante congetture e chiacchiere. Non è stata ancora definitivamente approvata la revisione costituzionale presentata dal Governo, che prevede la fine del bicameralismo perfetto, con un Senato che avrà competenze diverse dalle attuali e tutto il resto di cui si sente discutere da mesi e mesi.

Tra l’altro la riforma prevede la sparizione delle Province, nel senso che non saranno più nominate nella carta Costituzionale. L’intestazione del Titolo V, per dirla in breve quello relativo alle autonomie, che ora è ‘Le Regioni, le Province, i Comuni’ diventerà ‘Le Regioni e i Comuni’. Le Province, quindi, non saranno più un ente autonomo, con un proprio statuto e non saranno elemento costitutivo della Repubblica Italiana.

Certo, disorienta che mentre si decide ciò, la Provincia di Terni – ad esempio – rende noto che si sta organizzando in tre grandi aree d’intervento. Una volta approvata, la riforma costituzionale sarà sottoposta a referendum. Altro tempo, ammesso che superi la prova? «Stiamo discutendo questa riforma costituzionale – ha avuto modo di dire di recente il ministro per le Riforme costituzionali, Boschi – per ora non abbiamo in progetto interventi sulle Regioni». Significa: vedremo…

Quanto tempo dovrà passare, allora, prima che si affronti la questione ‘macroregioni’? Se davvero si farà una scelta del genere, ci vorrà tempo, anni. Nel frattempo che succederà? I punti di riferimento economici, sociali, istituzionali rimarranno gli stessi di oggi? Le infrastrutture, le opportunità, le convenienze e tutte le altre condizioni pratiche saranno uguali? E’ sempre bene pensarci per tempo, è ovvio. E’ sempre bene sviscerare una questione, discuterne, presentarsi pronti quando sarà da affrontarla.

Però evitando di perdere di vista tutto il resto e considerando che probabilmente la questione vera, almeno al momento, non è stabilire se a Terni conviene stare vicino a Perugia o vicino a Roma; se all’Umbria conviene il ‘gemellaggio’ nord-orizzontale con Toscana e Marche o sud-orizzontale con Lazio, Marche, Abruzzo; se è meglio portar dentro la Sabina o no; se l’occasione diventa buona per rivendicare una specie di vena aorta, ossia un fascetto di collegamenti tra un mare e l’altro di cui si discetta almeno da un quarto di secolo.

Eppure è l’esercizio politico di moda, il tema più urgente in ossequio al quale passano in secondo piano problemi ‘più piccoli’ dei quali non si parla: il polo universitario in asfissia, i proprietari delle acciaierie che cambiano il ‘guidatore’ (la città quale ‘comproprietario’ di quella fabbrica non ha niente da puntualizzare? nessuna garanzia da chiedere?), le mense scolastiche, i rifiuti, i trasporti, il centro con le saracinesche abbassate, la piccola impresa, l’edilizia… O ci contentiamo di chiudere il mattatoio?

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