di Alice Tombesi
«La didattica, anzi la scuola, non è fatta solo di lezioni, nozioni, test e interrogazioni. È fatta di esperienza di sé ma soprattutto degli altri, è fatta di regole societarie che ti insegnano proprio, dal più basso degli ordini, ad essere cittadino, a stare con gli altri». Queste sono le parole di Martina Leonardi, 31 anni originaria della Toscana ma residente a Terni da 7 anni, mamma di due bambini, un lavoro e una carriera universitaria – studia scienze della formazione – in corso.
EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON
Un tema tanto importante quanto poco considerato
Martina qualche giorno fa aveva scritto una lettere indirizzata al programma in onda ogni mattina su La7, ‘L’aria che tira’, cercando di attirare l’attenzione della giornalista e conduttrice Myrta Merlino su un tema a lei caro e attuale nervo scoperto (ma poco trattato) generato dalla crisi del Covid-19: il prezzo che molte madri pagheranno non lavorando e dovendosi occupare dei propri figli e il prezzo che i bambini dovranno pagare stando lontano dalla propria scuola.
Mamme-lavoratrici: Covid da matti
La lettera è stata presa in considerazione dal programma della Merlino e nella mattinata del 22 aprile Martina è intervenuta in collegamento riportando, nel tempo che ha avuto a disposizione, le posizioni espresse nella lettera. Il problema sollevato dalla giovane mamma assume la forma di una catena, fatta di situazioni e soggetti legati l’uno all’altro. Partendo dalla decisione del governo di chiudere le scuole, Martina ha dato voce a un problema di molte mamme lavoratrici: «Mi ritroverò senza permessi, ferie e congedi a dover gestire l’assenza totale della scuola. Mi chiedo come lo Stato, avendo concesso soltanto 15 giorni di congedo su 60 di chiusura, potrà affrontare la cosa».
«La scuola, che non è un ‘parcheggio’, resista al virus»
Madri (e anche padri) che da un giorno all’altro hanno dovuto riorganizzare la giornata propria e dei figli, costrette a ricorrere a congedi o ferie per sopperire la mancanza della scuola e che vedono un futuro incerto, fatto di rinunce, nel peggiore dei casi fatto di licenziamenti, per seguire il percorso dei bambini. La questione non può essere bigottamente collegata al ‘voler parcheggiare’ i figli a scuola per non doversene occupare: «È proprio perché la didattica non è un parcheggio – spiega Martina – che ne cogliamo in suo valore educativo e formativo e la chiediamo a gran voce. Chiediamo il diritto all’istruzione per ogni fascia d’età, che non può essere rimpiazzato da una didattica fredda, lontana in cui le insegnanti stanno mettendo anima e corpo per non lasciare indietro nessuno. È un diritto dei nostri figli andare a scuola e deve essere anche un diritto delle insegnanti poter insegnare».
Un bivio che si pensava superato
Un virus democratico, sì, ma che avrà un forte impatto sui bambini e le loro mamme. Donne come Martina, che come acrobati cercano di mantenere l’equilibrio tra il filo del lavoro, della famiglia e della crescita personale: «In silenzio molte di noi si licenzieranno per poter seguire i figli, la didattica e la famiglia. Chiuderanno le attività che hanno e ci ritroveremo a far andare avanti un paese, a crescere una generazione da sole», conclude Martina. Una catena di soggetti e situazioni: la scuola chiusa, i bambini a casa, le madri in bilico tra lavoro e famiglia, a volte costrette a scegliere. Un bivio estraneo alla realtà contemporanea in cui siamo immersi che, tuttavia, non è mai stato tanto attuale.