Omicidio di Gabelletta, ragionare per reagire

La risposta non può essere quella di scendere sullo stesso piano

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di Walter Patalocco

Tre delitti in tre mesi e mezzo con un tratto comune: gli assassini sono stranieri. Due sono legati dalla motivazione e da certe modalità: la rapina, la vigliaccheria (hanno agito contro anziani soli), l’inesistente considerazione della vita rispetto, magari, ad una catenina che luccica. Il terzo è figlio del degrado, dell’abbrutimento, della violenza come unica risorsa, dell’annientamento nell’alcol e nella droga, del rancore che si sfoga a caso, contro una persona solo perché è una persona.

È questa la piaga: troppi vivono al di fuori della civiltà, regrediti alla fase di uomo-lupo, violenti, posseduti da una superficialità che è persino più grave della violenza perché significa non rendersi conto.

Le esigenze ‘di pancia’ sono quelle che guidano certi esseri viventi, e la risposta che diventa più necessaria quando queste esigenze di pancia diventano più ‘sofisticate’, quando – cioè – diventa istinto primordiale non solo procurarsi il cibo, ma avere un macchinone lucido, stupidirsi ancor di più rifugiandosi in soddisfazioni artificiali.

La risposta non può essere quella di scendere sullo stesso piano.

Troppo facile sarebbe poter risolvere tutto con i giri di vite, con le telecamere che seguono ogni movimento e che ingoiano la libertà di ciascuno al pari di leggi del ‘coprifuoco’. La difesa da mali così gravi richiede una reazione intelligente, ben concepita e studiata, fermamente applicata.

Scende sullo stesso piano dell’uomo-lupo chi invoca sbarramenti indiscriminati, spedizioni punitive. Risposte di pancia, appunto. Superficiali, banali. Sono quelle di coloro che sfogano la loro rabbia inconsapevole buttandola addosso a chi regge le sorti del governo locale, come se servisse a qualcosa piazzare mitragliatrici ad ogni angolo di strada.

Certo, la politica ha le sue responsabilità, le sue colpe, ed esse non vanno sottaciute bensì individuate con esattezza – la massima possibile – per spingere tutti verso l’applicazione di rimedi. Tutti insieme rispondendo con la solidarietà non di facciata, ma sostanziale che passa prima di tutto nel rispetto degli altri, siano chi siano: il vicino di casa, il pedone, l’altro automobilista, il diverso, chi ha un’altra cultura o un’altra religione, chi vive, pensa ed opera con onestà.

È strano pensare che i rimedi passano anche attraverso il rispetto delle regole dell’educazione civica, o semplicemente dell’educazione? E attraverso la costruzione di una società più giusta in cui chi ti sta di fronte non è a priori il tuo nemico?

Si tratta di processi lunghi, di rivoluzioni vere, che ognuno può compiere mediante il comportarsi. Ciò non significa il perdono o il buonismo. Anche l’accusa, perché porti alla giusta condanna va formulata con giudizio.

Inutile sventolare le bandiere contro l’immigrazione clandestina, per esempio, nei confronti di tre delinquenti ed assassini rumeni che – qualcuno lo dimentica – sono cittadini di uno stato aderente all’Unione europea.
Inutile inalberare intolleranze viscerali o altri vessilli che spuntano dai gorgoglii della pancia. Serve ragionare, con fermezza, altrimenti si arriva a stupidaggini come l’invocazione, da qualcuno incredibilmente formulata, affinché ci sia una bella ‘processione’ guidata da un taumaturgo razzista nell’illusione che così si possa risolvere ogni cosa.

Terni, città non abituata ad atti di efferata violenza s’interroga, ma le energie vanno impiegate nella ricerca dei rimedi. E per favore, in casi così gravi è necessaria la massima serietà senza scivolare in speculazioni partitiche o – peggio – revansciste.

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