È fissata per il prossimo 27 maggio l’udienza della Corte d’assise d’appello di Perugia che dovrà ricalcolare la condanna a 30 anni di reclusione inflitta a Salvatore Parolisi, accusato di aver ucciso la moglie, Melania Rea, il 18 aprile 2011 con 35 coltellate.
Unico responsabile Nelle oltre 100 pagine di motivazioni della sentenza, la prima sezione penale della Corte di cassazione ha riconosciuto Salvatore Parolisi come unico responsabile del delitto, maturato in una «esplosione di ira ricollegabile a un litigio tra i due coniugi». Le ragioni fondanti del litigio, aggiunge la Suprema Corte nelle motivazioni, «si apprezzano nella conclamata infedeltà coniugale di Parolisi».
La giornata Il «fatto delittuoso – sottolineano i supremi giudici – si inserisce nel contesto di una giornata ‘apparentemente normale’; i due coniugi erano attesi di lì a poco a casa di amici, la figlia era con loro e non è risultato alcun particolare contatto, nella fascia oraria immediatamente precedente, con ulteriori soggetti o terzi, tale da far ipotizzare ulteriori e anomali appuntamenti».
La ricostruzione operata dagli inquirenti «colloca Parolisi sul luogo del delitto e costruisce il delitto stesso in termini di ‘occasionalità’, ossia legato al dolo d’impeto e non alla premeditazione». Per i giudici «la mera reiterazione dei colpi, anche se consistente, non può essere ritenuta fonte di aggravamento di pena, in relazione all’aggravante dell’aver agito con crudeltà».
Il processo Salvatore Parolisi, caporalmaggiore dell’esercito, è stato condannato dai giudici di primo grado al massimo della pena, con isolamento diurno. Il 30 settembre 2013, nella sentenza di secondo grado, viene condannato a 30 anni dalla Corte d’assise d’appello dell’Aquila. Quindi, il ricorso presentato dai suoi legali, Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, insieme al penalista Titta Madia, e il nuovo verdetto della Corte di cassazione.