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Home » Perugia, caso Agriflor: «Trasferire attività»

Perugia, caso Agriflor: «Trasferire attività»

di Lucina Paternesi
3 Gennaio 2018
in Attualità, Dal territorio, Economia, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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E’ un duro atto d’accusa nei confronti delle istituzioni quello che fa Italia Nostra sull’annosa vicenda che lega l’azienda Agriflor, che produce fertilizzanti dal trattamento dei rifiuti, a Villa Pitignano.

Italia Nostra ‘Chiamata’ in causa dai cittadini esasperati dalla puzza e costretti da anni a vivere in casa con le finestre chiude, Italia Nostra non risparmia aspre critiche all’operato di chi ha rilasciato autorizzazioni e, dopo una diffida, ha continuato a far lavorare l’azienda sullo stesso territorio. «Ciò che più colpisce – spiega in una nota il presidente di Italia Nostra Perugia, Luigi Fressoia –  è il comportamento dei pubblici funzionari tenuti ad applicare le norme secondo i principi di imparzialità e sensatezza delle procedure adottate. Un’azienda che riceve ordinanza di sospensione lavori però non ottempera e addirittura le è consentito presentare progetti di ‘sanatoria’, di adeguamento alle migliori tecniche disponibili, mostra che qualcosa non va nella pubblica amministrazione. Tanto più se considerati due fenomeni collaterali: da un lato la ridondanza di enti, uffici, controllori, leggi, regole, dall’altro lato la determinazione con cui le stesse leggi vengono normalmente brandite contro semplici cittadini».

Danni evidenti Il rischio, prosegue Italia Nostra, è che mentre si utilizzano deroghe alle normative urbanistiche, previste per legge solo in caso di pubblica utilità, dall’altro l’esito di tali deroghe può tradursi facilmente «in danno evidentissimo alla popolazione circostante e alle aziende turistico-ricettive della zona, pesantemente penalizzate dai cattivi odori emanati finora e in futuro». Ben lontana dal voler danneggiare l’azienda, che significa stipendi, investimenti, tasse e economia per il territorio, Italia Nostra richiama i profili di rischio per la popolazione dal punto di vista della vivibilità, dell’inquinamento, degli eventuali danni collaterali al patrimonio paesaggistico e immobiliare.

Trasferire attività «Da qui – prosegue Italia Nostra – l’obbligo di bilanciare bene danni e benefici mediante una valutazione d’impatto ambientale condotta seriamente e non con atti contraddittori. In tal senso non si comprende come sia possibile per la Regione Umbria -servizio Autorizzazioni ambientali emettere un parere apoditticamente positivo quando poche righe prima nella stessa pagina ha rilevato difformità, calcoli mancanti e condizioni ancora non definite». L’auspicio è che la Regione, con i provvedimenti che le competono «tenga finalmente nel debito conto gli innegabili e rilevanti pregiudizi che l’attività, posta in centro abitato, arreca alle popolazioni di Villa Pitignano, Ponte Felcino, Bosco e Ramazzano; è evidente che la soluzione migliore, in grado non di meno di soddisfare le legittime esigenze vitali dell’azienda, è l’individuazione -magari da parte della stessa Regione- del sito alternativo più adatto a sopportare lavorazioni di così evidente impatto».

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