Ristoratori dalla Tesei: disponibilità al dialogo su sagre e tributi locali

Intervista a Gianni Segoloni (Mio) che fornisce un resoconto dell’incontro fra i ristoratori e la presidente Tesei

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di P.C.

Una quarantina di minuti in sala giunta. Distanziati e con mascherina. Per ‘annusarsi’ reciprocamente. Per capire – da un lato – quanta disponibilità ci fosse a venire incontro alle richieste. E – dall’altro – per constatare se dietro gli striscioni e le proteste ci fosse una proposta concreta o solo un urlo di rabbia e dolore. Il confronto è andato bene. E sarà seguito da ulteriori confronti.

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L’incontro

La delegazione all’esterno di Palazzo Donini

Dopo aver accolto, martedì pomeriggio, la delegazione Fipe, la presidente Donatella Tesei ha ospitato anche la delegazione Mio (Movimento imprese ospitalità), composta dai rappresentanti umbri Enrico Guidi Gianni Segoloni insieme al vicepresidente nazionale Mirko Zuffi. C’era anche Giobi Zangara, rappresentante Fiepet, che fin dalle prime chiusure aveva messo insieme i colleghi costituendo il gruppo Horeca. Con la presidente c’era anche il capo di gabinetto Federico Ricci: insieme studieranno il vademecum con le proposte del movimento in vista della riapertura che, dopo l’ultima conferenza stampa di Draghi.

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Il confronto sulle richieste

«Quando c’è dialogo con le istituzioni è sempre positivo», dice Gianni Segoloni a umbriaOn.it nel ricostruire i momenti salienti dell’incontro. «Abbiamo esposto le nostre richieste, in particolare, ovviamente, quelle che riguardano da vicino le competenze dell’ente regionale, ma in generale abbiamo illustrato la nostra situazione chiedendo innanzitutto un appoggio alle nostre proposte, anche quelle che sono rivolte ad altri enti e devo dire che mi è sembrata esserci disponibilità all’ascolto e talvolta anche condivisione, ad esempio sul tema sagre».

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Il tema sagre

Il confronto in sala giunta

Argomento a lungo dibattuto, quello delle sagre, torna prepotentemente d’attualità in questo periodo di crisi: finché si ‘campava’ bene, c’era spazio per tutti, ora che invece si viene da un periodo nerissimo non ci sono più margini di tolleranza. I temi sono sostanzialmente due: la concorrenza e la specificità dei prodotti. Non è più possibile gestire le sagre alla vecchie maniera e se per quest’anno ci sarà una forte limitazione – come nel 2020 – per ragioni epidemiologiche anche per il futuro ci vorrà una regolamentazione.

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Il coinvolgimento dei ristoranti nelle sagre

«Finché si tratta di prodotti realmente tipici – dice Segoloni – e finché vengono coinvolti i ristoratori locali, come ad esempio avviene a Montefalco, a Bevagna, a Foligno, a Cannara, perché si punta sulla storicità, sulla tradizione, sul territorio, allora da parte nostra non c’è una chiusura; ma se le sagre si inventano di sana pianta facendo cucinare i volontari per procacciarsi soldi, allora sì che diventano una concorrenza sleale e noi non possiamo che opporci con forza, ancor più in questo periodo di crisi». Un tema sollevato praticamente da tutte le associazioni di categoria e su cui anche l’amministrazione regionale e sembrata concordare. Bisognerà ora vedere se e come alle intenzioni seguiranno i fatti.

Concorrenza sleale: «No alcol da asporto»

Tolleranza zero viene chiesta dai ristoratori anche relativamente a quella che viene definita una concorrenza sleale da parte di esercizi che vendono alcol da asporto: piccoli pub ma anche negozi di alimentari. «Non è solo una questione di concorrenza – chiarisce Segoloni – ma anche di tutela della salute. In questi mesi abbiamo visto che i principali e più pericolosi assembramenti di giovani si verificavano proprio in corrispondenza di locali che vendono alcol da asporto, con grave rischio sanitario e anche per la salute pubblica (senza aprile il discorso risse e movida; ndr). Autorizzare la sola consumazione al tavolo, eliminerebbe il problema a monte e aiuterebbe anche il settore lavorativo, visto che aumenterebbe il numero di camerieri che riprendono a lavorare e non dovrebbero più ricevere cassa integrazione o sussidi vari… e magari il governo potrebbe riutilizzare i soldi risparmiati per aiutare le attività che restano chiuse».

Il tema licenze

Quello delle licenze è un discorso particolare perché dopo la lenzuolata di liberalizzazioni delle licenze di una decina di anni non è più possibile tornare indietro. Chiedere, come alcuni fanno, il blocco delle licenze tout court non è possibile. «Ci sono però – prosegue Segoloni – margini di manovra, seppur piccoli, su cui gli enti locali possono far leva per regolamentare un po’ il settore ed evitare, ad esempio, che un’attività di ristorazione riapra dopo un anno di chiusura ritrovandosi accanto un negozietto di street food che apre ora e gli invade il mercato». Qui la Regione può avere soprattutto un ruolo di mediatore rispetto al governo e ai comuni, facendo pressione e appoggiando politicamente le richieste dei ristoratori. Esattamente come sui protocolli di riapertura.

«No a protocolli troppo stringenti»

«Se, come si legge, ci dicono che le distanze minime fra i tavoli arrivano a due metri, ci danno il colpo di grazia. A noi serve maggiore flessibilità non maggior rigore. Ed è su questo che si innesta la nostra richiesta di avere maggiore disponibilità di spazi esterni, gratuitamente (senza pagare Tosap, quindi; ndr). E devo dire – spiega Segoloni – che su questo punto la presidente Tesei si è mostrata particolarmente favorevole e ci ha promesso che porterà la questione sui tavoli del governo ma anche nei confronti degli enti locali».

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