di Giovanni Cardarello
Laura Santi, giornalista 50enne di Perugia, affetta da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, è ora libera di scegliere come determinare il proprio corso vitale. Due anni dopo la sua richiesta per l’accesso al suicidio assistito, due denunce, due diffide, un ricorso d’urgenza e un reclamo per ottenere una risposta da parte della Usl Umbria 1, è arrivata la relazione della commissione medica.
La relazione, nello specifico, attesta il possesso da parte di Laura Santi di tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato-Dj Fabo che in Italia ha legalizzato il ‘suicidio assistito’. Lo riporta LaPresse in una agenzia di stampa. Per individuare farmaco e modalità per procedere, dalla direzione sanitaria con una rappresentanza della commissione medica, è stato richiesto un incontro che avverrà nelle prossime settimane.
La relazione medica ha riconosciuto, dunque, che Laura Santi è: capace di autodeterminarsi; affetta da una patologia irreversibile; che provoca sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; dipendente da trattamenti di sostegno vitale.
La commissione medica ha confermato la presenza di quest’ultimo requisito, inizialmente non riconosciutole, anche sulla base dell’ultima sentenza della Corte costituzionale (135/2024) – dove la stessa Laura Santi era intervenuta nel giudizio ed era stata ammessa – secondo cui alcune procedure che «si rivelino in concreto necessarie ad assicurare l’espletamento di funzioni vitali del paziente, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo, dovranno certamente essere considerate quali trattamenti di sostegno vitale».
Laura Santi è dunque la prima cittadina umbra e la nona persona in Italia ad ottenere il via libera per l’accesso alla morte volontaria assistita. Prima di lei avevano ricevuto il via libera Federico Carboni (nelle Marche), la signora ‘Gloria’ (in Veneto) e ‘Anna’ (in Friuli-Venezia Giulia) che in seguito hanno proceduto con l’auto somministrazione del farmaco letale.
Mentre Stefano Gheller (in Veneto), dopo aver ricevuto la relazione finale con la conferma dei requisiti previsti dalla Consulta, scelse di non procedere con l’aiuto alla morte volontaria (è successivamente deceduto a causa della malattia) e ‘Antonio’ (sempre nelle Marche), che ha ottenuto il ‘semaforo verde’, e ha poi deciso di continuare a vivere.
Laura Santi, per ottenere il rispetto della sua volontà e l’applicazione delle due sentenze della Consulta, ha dovuto rivolgersi alla giustizia civile e penale, depositando le denunce contro la Usl Umbria 1 e partecipando sempre alle udienze in tribunale. Si sente «una stanca e affaticata persona vincente», ha detto parlando con Ansa. «Quando mi hanno dato il ‘sì’ ho provato una strana vertigine, è il famoso parapetto dal quale volevo affacciarmi da tre anni e mezzo».
«Naturalmente non ho fatto nulla da sola ma c’è stata l’associazione Coscioni senza la quale non sarebbe stato possibile», ha sottolineato. «Quando hai il pezzo di carta in mano e guardi al di là del parapetto, provi un brivido e dici ‘ok, grazie’», ha affermato ancora all’Ansa. «Da tanti anni – ha aggiunto Laura Santi – volevo la libertà di vivere la malattia, che è già tremenda e mi ha tolto tutto, almeno con la serenità di vivere senza pensare che sono in trappola. Non pensarci più. E’ così difficile per i politici sapere che questa è la miglior cura palliativa che esista?», ha concluso Laura Santi.