di F.L.
Chiusa la due diligence, la fase di approfondimento e verifica dell’investimento da parte dei potenziali interessati, dopo Pasqua sarà probabilmente il momento di tirare le somme su potenziali offerte per la reindustrializzazione della Treofan del polo chimico di Terni, da oltre un anno in attesa di una auspicata rinascita dopo la chiusura ingiustificata da parte di Jindal. Ad inizio aprile sindacati e lavoratori sono tornati a chiedere una convocazione alle istituzioni regionali e nazionali, al momento rimasta lettera morta, visto che il 7 aprile la Regione ha risposto spiegando che al momento – in una fase ancora di interlocuzione rispetto a due manifestazioni di interesse – è opportuno rinviare la data dell’incontro. Ma dopo Pasqua i tempi saranno probabilmente più maturi. Tra i nomi circolati per un possibile interessamento – nome che sarebbe ancora sul tavolo – quello della Novamont, un’ipotesi che lavoratori e forze sindacali, che attendono di capire le eventuali ed effettive ricadute occupazionali dei progetti, hanno sempre in realtà guardato con scetticismo. E in effetti ci sono ulteriori elementi per dire che la situazione dalle parti dell’azienda specializzata nelle bioplastiche non è poi così rosa e fiori come può apparire all’esterno.
La situazione
Almeno fino al 26 aprile gli impianti rimarranno fermi a causa di uno stop produttivo di 15 giorni dettato dalla particolare congiuntura economica, tra costi dell’energia e di materie prime alle stelle. Una battuta d’arresto – che consentirebbe all’azienda un risparmio del 30% – simile a quella vissuta in questo frangente da altre realtà industriali del Paese, gestita al momento con il ricorso alle ferie, ma che non lascia indifferenti gli addetti ai lavori, se letta in una prospettiva più ampia. Soprattutto in virtù del fatto che starebbero marciando regolarmente gli altri stabilimenti di Patrica (Frosinone) e Bottrighe di Adria (Rovigo). «Non è giusto che a pagare e fare sacrifici siano solo i lavoratori del sito di Terni» commenta il segretario regionale della Femca Cisl, Fabrizio Framarini. Che non nasconde il proprio grido di allarme per le prospettive dell’azienda e annuncia una richiesta di incontro urgente alla direzione, insieme alle altre segreterie, per capire «la profondità del problema». «Terni – prosegue – è l’unico sito in cui da tempo vengono fatti solo gli investimenti strettamente necessari, mentre i più rilevanti vengono destinati altrove. Ne erano stati annunciati 50 milioni in quattro anni, ne sono stati fatti un decimo. È un continuo rimandare e i fatti sono pochi. Novamont ci deve dire cosa vuole fare da grande».
Già annunciate fermate ad agosto
Una situazione complessa, che non risolverà nel giro di due settimane, che preoccupa anche il segretario territoriale della Uiltec, Luca Massarelli. «In questo periodo – dice – si stanno moltiplicando tavoli fotocopia con le aziende, dettati appunto da fermate dovute all’aumento dei costi di produzione. Ma per quanto riguarda Novamont è necessario capire effettivamente quanto il problema sia generalizzato oppure riguardi nello specifico solo Terni. Il rischio è che si decida di tagliare qualche ramo, la situazione deve essere chiarita. Rischiamo di mettere in ginocchio il polo chimico, già fortemente compromesso, senza dimenticarci dell’indotto». Di certo non rincuora neanche l’annuncio, sempre della dirigenza di Novamont, di prevedere (almeno al momento) 2 o 3 settimane di fermata degli impianti anche ad agosto, eventualità mai accaduta in passato, quando l’azienda aveva anche assunto qualche unità di personale dalla Treofan. Intanto anche alla vicina Beaulieu la produzione è al momento ferma fino al 19 aprile, sempre a causa del caro energia e materie prime. In questo caso, sulla scorta di un accordo firmato tra azienda e rsu, si è deciso di fare ricorso alla cassa integrazione per i circa 100 dipendenti.