Squarta presidente del consiglio regionale

Umbria, martedì il via libera per l’esponente di FdI: «Ci vogliono azioni coraggiose. Alla resa preferiremo la speranza»

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Tutto da previsione. Martedì è il giorno giusto dopo le prime tre votazioni con ‘fumata nera’ di lunedì: Marco Squarta – Fratelli d’Italia, eletto con la maggioranza ‘semplice’ – è il nuovo presidente del consiglio regionale dell’Umbria.

Di Marco Squarta

Ci attende un compito impegnativo e sono riconoscente a questo Consiglio per la fiducia che ha riposto in me. Non senza emozione vorrei avviare questa XI legislatura rivolgendo il mio primo saluto a tutti i cittadini dell’Umbria. La nostra Umbria, che in quanto realtà territoriale concepita come tale, nell’anno 1860, festeggia nel prossimo 2020 i suoi 160 anni di storia, soffre un difficile momento: alla politica corre l’obbligo di saper individuare le giuste strategie per orientare la rotta e, finalmente, rialzare la testa.

Altre presidenze, in altre epoche, hanno avuto la fortuna di insediarsi in momenti di prosperità e non sotto un cielo di nuvole. Ma è proprio in momenti come questi che dobbiamo trovare la forza per andare avanti grazie alle qualità, alla lungimiranza e alla fedeltà verso i nostri ideali. Non siamo ancora usciti dalla spaventosa crisi mondiale. A causa dell’avidità e dell’irresponsabilità di alcuni, la nostra economia, chiaramente anche quella regionale, si è fortemente indebolita. Ho conosciuto molta gente che ha perso il lavoro; qualcuno, piangendo, mi ha raccontato di non avere più neppure una casa. Qui, in questa regione, migliaia di imprese hanno interrotto le loro produzioni e le loro attività, molte altre minacciano di chiudere.

Mi sia consentito: la nostra società trascura troppo i giovani. Parlando con molti di loro mi sono accorto dei loro timori, delle loro convinzioni a proposito del fatto che il declino dell’Umbria sia inevitabile. Perché le prossime generazioni dovrebbero nutrire aspettative più basse rispetto a quelle che ci hanno preceduto? Non è giusto! Questi che ho brevemente elencato sono gli indicatori della crisi. Più difficile da quantificare, in termini statistici, è, invece, la perdita di fiducia nei confronti delle Istituzioni. Ad ogni livello. Oggi ci troviamo a dover affrontare sfide serie e numerose che riguardano tutti i 92 comuni dell’Umbria. Non posso garantire che le vinceremo facilmente, né in poco tempo, ma, questo sì, in termini di impegno faremo l’impossibile. Alla resa preferiremo la speranza. In questo Consiglio – saranno d’accordo i colleghi – preferiremo l’unità di intenti ai conflitti e alle rivalità, nel rispetto delle diversità.

Siamo qui per decretare la fine di alcune prassi che hanno strangolato la politica. È giunto il tempo di affermare il nostro spirito caparbio e di ripartire dalle nostre migliori storie, portando avanti l’idea di due princìpi diversi ma perfettamente compatibili: libertà e felicità. Il lavoro che ci aspetta qui dentro è un percorso senza scorciatoie, inadatto per chi preferisce l’ignavia, inappropriato per chi intende inseguire fama, ricchezza e questioni di opportunismo. L’Umbria, per quanto piccola, è ben più grande della somma delle ambizioni individuali. È passato il tempo dell’immobilismo e della difesa degli interessi di pochi.

Il futuro dell’Umbria dipenderà anche dalla capacità che avremo, noi, tutti, in quest’aula, di saper mettere da parte le ideologie senza mai abdicare alle idee, ai princìpi e alla visione del mondo. Ogni singolo cittadino verrà coinvolto nel nostro cammino verso il benessere e la libertà. Rispetto all’inizio della crisi i nostri lavoratori non sono meno produttivi, le nostre menti non sono meno creative. A partire da oggi dobbiamo rimboccarci le maniche e ricominciare, tutti insieme, a ripensare l’Umbria per cambiare, finalmente, marcia in avanti.

Ovunque c’è lavoro da fare. Lo stato della nostra economia richiede azioni coraggiose: tutti noi siamo qui per gettare le fondamenta della crescita e creare nuovi posti di lavoro. Ogni singolo mattoncino è importante. Ci impegneremo per migliorare le linee digitali che sostengono il nostro commercio e che ci legano al mondo. È mia intenzione aprire un serio e costruttivo dibattito sullo stato delle infrastrutture della nostra regione, vittima di immobilismo e di un’imperdonabile ritardo provocato da una mancanza di strategia che ci ha imbrigliato nell’isolamento. Sfrutteremo la tecnologia anche per migliorare il sistema sanitario e ridurne i costi per i cittadini.

Insieme, tutti quanti insieme – Signor presidente, signori assessori, colleghe e colleghi consiglieri – costruiremo l’Umbria del domani. A coloro che sollevano dubbi sulla portata delle nostre ambizioni replico dicendo che se c’è un qualcosa che ha davvero consumato la nostra Umbria sono le controversie politiche. Hanno consumato noi, e gli elettori, che il 27 ottobre hanno risposto in maniera chiarissima al desiderio di rinnovamento.

In questa fase il coraggio, la fantasia e la necessità dovranno fondersi, per il bene di tutti. Dagli abitanti dei due capoluoghi, Perugia e Terni, fino a quelli del piccolo paese al Trasimeno dove è nato mio padre, devono sapere che l’Umbria è la terra in cui ci batteremo per garantire a ogni uomo, donna e bambino, un futuro di dignità. Allo stesso tempo dico che le nostre identità e la nostra cultura sono un patrimonio da mantenere e da esaltare. Le nostre tradizioni, il nostro sapere, antico e moderno, vanno protetti, e non dispersi. Conta molto la forza del nostro esempio, che si tramanda, l’umiltà, la moderazione. Siamo noi, e nessun altro, i custodi di questa grande eredità. Il nostro destino passa anche dalla volontà di un genitore di educare i propri figli. L’onestà, il coraggio, il lavoro, la condivisione, la correttezza, il sacrificio, la lealtà, l’amicizia: sono tutti valori che nei secoli hanno accompagnato la storia e da cui dipendono i nostri successi. La forza muta dei nostri passi.

Faccio politica sin da quando ero studente al liceo. Ora ho 40 anni. Nella mia vita mi è capitato di essere rimasto deluso dalla politica. Chi non mi ha mai deluso è la comunità. Questa parola, comunità, è figlia di un’idea che rifiuta l’individualismo. Non c’è altro modo di vivere se non con gli altri. Nel passato recente, nella nostra terra sventrata dal terremoto, lo stringersi insieme non è stato un semplice gesto consolatorio ma un’autentica necessità di sopravvivenza. Ecco la comunità. Più potente della politica, incapace a distanza di anni perfino di rimuovere le macerie delle case sbriciolate dal sisma.

Ci aspetta una nuova era di responsabilità e del riconoscimento di doveri che accettiamo con entusiasmo, nella consapevolezza delle difficoltà della causa. È pur sempre nell’assunzione di una responsabilità che si esprime la libertà di un uomo o di una donna. Libertà è partecipazione.
Attraverso la condivisione di una sfida comune ci realizziamo singolarmente e ci prendiamo cura di noi stessi, quindi della comunità. I veri rivoluzionari non distruggono – ricordiamocelo – costruiscono.

Credo nella cittadinanza attiva, nel protagonismo generazionale e nell’importanza delle organizzazioni giovanili, di ogni tipo: politiche, sociali, culturali, religiose. Nei movimenti e dentro le associazioni non ci si lascia scivolare la vita addosso.
Per questo mi batterò affinché si tengano in considerazione le organizzazioni giovanili, palestre di vita dove si formano persone che non chiedono nulla alla politica, se non di viverla dal basso di una scuola o di una piazza.

Il coraggio è giovane, il talento è giovane, il merito è giovane. Il merito dovrà essere il criterio per selezionare le classi politiche del futuro perché se in politica salta la meritocrazia significa che all’impegno prevarrà la fedeltà al capo corrente. Sarebbe bello se le azioni della politica venissero orientate al futuro e non al prossimo appuntamento elettorale. La politica è una cosa seria. E l’architrave di qualsiasi azione di governo non possono che essere le famiglie.

Le famiglie. Continueremo a non essere indifferenti verso chi soffre. Non lasceremo indietro i più fragili. Creeremo le condizioni affinché ogni disabile, ogni anziano, ogni povero e ogni emarginato della nostra regione, trovi le giuste risposte ai suoi bisogni. I ritardi e le inefficienze della pubblica amministrazione, che inevitabilmente si riflettono sugli ultimi, non saranno più tollerati. Posso anticipare già in questa sede che è mia intenzione proseguire, anche da presidente, le battaglie di civiltà iniziate sui banchi dell’opposizione.

Pensando al complesso ruolo che mi attende, di garante di tutte le forze politiche, senza rinnegare il mio personale percorso, voglio ricordare con umile gratitudine le battaglie di Marzio Modena e Luciano Laffranco, uomini che hanno rappresentato lo spirito di servizio e la volontà di trovare un senso in qualcosa solo apparentemente più grande di loro. Anche a loro, attraverso il nostro cammino, voglio dimostrare che avevano ragione e che è possibile fare politica senza necessariamente farsi cambiare dal sistema.

Sant’Agostino diceva: «La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per le cose che non vanno, il coraggio per poterle cambiare». Abbiamo bisogno di ritrovare lo slancio, l’ottimismo, la fiducia. Lo faremo insieme, c’è bisogno di tutti voi.

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