di Giovanni Cardarello
Con 12 voti contrari, 8 favorevoli e un’astensione (Stefania Proietti), martedì pomeriggio la maggioranza dell’aula di palazzo Cesaroni ha respinto la mozione di sfiducia verso la presidente della Regione Umbria. Mozione che era stata presentata dai gruppi di minoranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Tesei presidente-Umbria civica) nelle more del dibattito sulla manovra di bilancio votata lo scorso 15 aprile.
Una manovra che, ricordiamo, ha preso le mosse dall’indicazione, da parte della maggioranza uscita dalle urne di novembre, di 243 milioni di disavanzo nella sanità regionale, poi certificati in 34 (più 39 milioni relativi al fondo di dotazione) e coperta con aumenti delle aliquote Irpef per scaglioni di reddito sopra i 28 mila euro e l’aumento dell’Irap.
La mozione, la cui approvazione avrebbe comportato la decadenza della giunta e la fine della legislatura, auspicava, appunto, le dimissioni della presidente Stefania Proietti facendo riferimento a «diverse incongruenze e falsità nelle sue dichiarazioni degli ultimi mesi riguardo al disavanzo della sanità regionale e alla necessità di aumentare i tributi».
Le contestazioni riguardavano, in particolare, «la discrepanza tra il disavanzo dichiarato dalla presidente e quello emergente dai documenti preliminari dell’advisor privato Kpmg, la mancata messa a disposizione della relazione completa e la rappresentazione distorta del processo che porterebbe al commissariamento statale in caso di inerzia». Ma non solo. Veniva anche sollevata la questione «dell’accantonamento per l’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpa), che risulterebbe già effettuato, contrariamente a quanto affermato dalla presidente, la cui posizione politica sarebbe quindi risultata compromessa».
Ma come, prevedibile, la maggioranza ha fatto quadrato respingendo in maniera compatta l’atto. Il dibattito intorno alla mozione non è stato privo di spunti, chiarimenti e temi politici che estenderanno i propri effetti tanto sul corso della legislatura, quanto sulle elezioni amministrative di maggio ed i prossimi appuntamenti nazionali, a partire dai referendum di giugno. In particolare, meritano grande attenzione gli interventi delle due contendenti alla guida dell’Umbria nelle ultime legislature.
«Il buco di 143 milioni – ha attaccato Tesei – è una mistificazione, perché al disavanzo delle aziende sanitarie va tolta la gestione sanitaria accentrata (153 milioni) e poi vanno tolte le premialità previste (33 milioni), il payback farmaceutico (28 milioni) e tutto questo era chiaramente riportato nella prima relazione di Kpmg che la presidente Proietti aveva a disposizione durante la prima conferenza stampa dello scorso 26 marzo, ma che ha volutamente omesso di far conoscere alla stampa e ai cittadini». E ancora: «Nella relazione veniva chiaramente detto che il disavanzo del quarto trimestre 2024 era di 34 milioni di euro. E lei presidente Proietti, generando allarme, ha detto che o faceva la manovra o si andava al Mef con i 90 milioni e questo scudo. È incredibile che sia stato il Mef a dirvi che erano invece 34 milioni».
«Queste bugie – ha rincarato Tesei – le hanno capite i cittadini, ma anche i partiti che sostengono questa maggioranza. E allora si capisce il motivo per il quale, negli interventi, non viene affrontato il merito della mozione. Ancora oggi si continua a parlare della causale, cioè il disavanzo della sanità. Ma magari, presidente Proietti, cominci a dire che l’Umbria è tra le prime cinque regioni italiane benchmark perché magari qualcuno evita di andarsi a curare fuori. Ma l’impatto più importante che ha avuto la sanità regionale è stato il cosiddetto scandalo ‘sanitopoli’, perché non solo i cittadini non si fidavano più, ma sono scappati dall’Umbria i professionisti. Se si vogliono fare le manovre bisogna avere il coraggio di spiegare le cause vere. Questa manovra colpirà famiglie ed imprese, portando l’Umbria ad una recessione perché disattiverà i consumi e l’occupazione».
Sulla stessa lunghezza d’onda gli interventi di Eleonora Pace di Fratelli d’Italia, relatrice della mozione, e di Enrico Melasecche della Lega, che ha ribadito: «Se la mozione verrà bocciata, speriamo almeno che questa giornata serva alla presidente per riflettere sull’importanza di ricreare un rapporto di rispetto reciproco con la minoranza». Così come di Laura Pernazza di Forza Italia: «Una campagna elettorale giocata su promesse mirabolanti e costruita su narrazioni rassicuranti che si sono dimostrate totalmente inconsistenti». E, infine, del compagno di partito, l’ex sindaco di Perugia Andrea Romizi, di Nilo Arcudi, TPUC: «Il buco non è di 243 milioni, quindi la premessa è falsa». D’accordo anche Matteo Giambartolomei (FdI).
Ovviamente di parere opposto i consiglieri di maggioranza Fabrizio Ricci di Alleanza Verdi Sinistra: «La sfida del piano sanitario regionale sarà decisiva». Anche Luca Simonetti del Movimento 5 Stelle: «Con il nuovo piano sanitario regionale vogliamo dare un’impronta chiara: una sanità pubblica territoriale accessibile». Anche di Bianca Maria Tagliaferri (Ud-Pp): «Servono apporti costruttivi e non proteste sterili». E Cristian Betti del Partito Democratico: «Dieci regioni italiane su venti hanno operato manovre fiscali».
La presidente della giunta regionale Stefania Proietti ha concluso il dibattito: «Non ho mai parlato di un buco di 243 milioni. Disavanzo è il termine che ho usato riferendomi ai bilanci al 31 dicembre 2024 delle aziende sanitarie e alle certificazioni delle direzioni generali. Se non avessimo trovato copertura ci sarebbe stato il commissariamento e ci sarebbe stato imposto un piano di rientro. Senza questa manovra avremmo dovuto tagliare i servizi o chiudere gli ospedali. Il disavanzo era noto anche nella precedente legislatura, ma non è stato affrontato».