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Home » Rifiuti: «La Regione vuole le discariche»

Rifiuti: «La Regione vuole le discariche»

di Marco Torricelli
27 Settembre 2015
in Attualità, Dal territorio, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
La discarica Belladanza

La discarica Belladanza

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dell’Osservatorio Borgogiglione
www.osservatorioborgogiglione.it

La Regione Umbria non intende rinunciare alle discariche, definite strategiche, mentre a parole sostiene le buone pratiche della prevenzione e del riciclo. Per questo, le discussioni sulla gestione dei rifiuti da mesi ruotano sempre intorno alla vuota domanda su come “chiudere il ciclo” e alla proposta di bruciare i rifiuti, trasformati in combustibile Css.

Finché rimangono nella nebbia i conferimenti effettivi alle discariche, anche le percentuali di raccolta differenziata sono un dato fuorviante e privo di senso: CHE FINE FANNO I MATERIALI CHE CON FATICA SEPARIAMO GIORNO DOPO GIORNO?

Gli impianti di trattamento non brillano per efficienza, le nostre aziende con il riciclo non fanno grandi profitti e tutto sembra ridursi ad un gran daffare, ovvero “un grande affare”. Così nel 2013 (ultimo dato pubblicato) sul totale di 488 mila tonnellate raccolte sono state buttate in discarica ben 294 mila tonnellate di rifiuti urbani, senza contare quelli speciali.

Poiché le stesse aziende gestiscono sia la raccolta che gli impianti di smaltimento (discariche o inceneritori), è dura trovare soluzioni virtuose senza scontentarle… Tanto i cittadini pagano! Il trattamento dell’umido è quello che puzza di più!

All’impianto di compostaggio gestito dalla Gesenu in località Pietramelina nel 2013 sono arrivate 67 mila tonnellate di rifiuti organici ma più della metà è diventata scarto ed è finita in discarica… Il compost venduto è stato pari ad un misero 9% dei rifiuti trattati. [dal Rapporto ARPA 2014, che però non precisa il costo di quest’inefficienza, che si scarica sulle bollette.]

L’altra faccia della medaglia è il notevole aumento dei ricavi del gestore: vedi la discarica di Borgogiglione specie dopo che il Piano di ampliamento del 2012 ne ha autorizzato una parte “a bioreattore” per la produzione di metano ed elettricità, con tanto di incentivazioni. Anche sui bilanci aziendali da tempo chiediamo più trasparenza. Ora tutti si concentrano sulla “chiusura del ciclo rifiuti” ma dimenticano che si comincia a
costruire dalle fondazioni e non dal tetto.

La proposta di bruciare il combustibile da rifiuti non risolve affatto i problemi, anche aldilà dei gravi rischi per la salute delle popolazioni residenti vicino agli impianti (inceneritori o cementifici): non tutto si può bruciare perciò non si può prescindere da una raccolta efficiente, che va però adeguatamente finanziata (“porta a porta” e “tariffa puntuale e trasparente”).

Lo stesso Piano regionale, che impegna la gran parte delle risorse disponibili per questi impianti, non prevede grandi quantità di Css: 50-60mila tonnellate. E allo stesso tempo ammette che “la valorizzazione dei rifiuti a Css determinerà la produzione di scarti che saranno avviati a smaltimento in discarica”.

Ma allora quale è la convenienza per il cittadino? E fino a quando ci dovremo tenere le famigerate discariche? Non a caso si stanno già studiando i necessari ampliamenti…

Dobbiamo rovesciare completamente le priorità della Regione e chiedere un sostegno concreto per i Comuni che si impegnano per la riduzione dei rifiuti all’origine e per le imprese del riuso e riciclo.

Con una diversa strategia anche l’Umbria avrebbe qualche garanzia in più di successo nella gestione e nella “chiusura” del ciclo dei rifiuti, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini e pesando meno sulle tasche dei contribuenti.

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