di F.L.
Politica, sindacati, lavoratori, ma anche semplici cittadini si sono ritrovati lunedì pomeriggio al teatro comunale di San Gemini per l’annunciato consiglio comunale straordinario e aperto convocato per parlare della situazione del gruppo Sangemini, in attesa di conoscere il proprio destino di fronte alle difficoltà che sta attraversando la proprietaria Acque Minerali d’Italia. Un appuntamento coinciso con le due ore di sciopero indette dalle organizzazioni sindacali di categoria e al quale hanno dunque partecipato i dipendenti dello stabilimento. L’appello lanciato da questi ultimi attraverso le rsu è stato chiaro: «La proprietà deve dare risposte e assumersi le proprie responsabilità, non possiamo essere trattati come azioni ma esseri umani che rivendicano il diritto al rispetto della loro dignità». E tra di loro, ma non solo, c’è chi ventila l’ipotesi più funesta, quella di un concordato ed eventualmente di un fallimento. Quindi della chiusura.
La parola dei lavoratori
Alla riunione era stata invitata anche l’azienda, ma il direttore generale Eros Brega ha comunicato la propria indisponibilità ad essere presente per motivi personali. Assente anche il prefetto Emilio Dario Sensi, che ha comunque dato la propria «ampia disponibilità» alla convocazione di un incontro. Quella che è la situazione che si sta vivendo all’interno del sito è emerso allora chiaramente dalle parole degli stessi lavoratori. «Stanno iniziando a venire al pettine tutti i nodi che si sospettava esistessero fin dal 2014 quando il concordato portò la Sangemini nelle mani dei Pessina per 16 milioni di euro e l’azzeramento dei debiti – ha detto Riccardo Liti, della rsu della Flai Cgil -. Acque minerali d’Italia si sta confrontando con l’assoluta e dimostrata incapacità di gestire le difficoltà. Nei siti produttivi del gruppo, non solo quello di San Gemini, inizia a mancare il materiale per lavorare, tappi, film, etichette, eccetera, la preoccupazione sale, soprattutto per la latitanza di una proprietà mai lontana come oggi. Noi siamo invece aperti ad un dialogo sempre costruttivo perché la fabbrica è nostra. La Sangemini non merita di essere lasciata al suo destino e i lavoratori sono pronti a fare per intero la loro parte, anche tornando a gestire lo stabilimento in prima persona». «Basta far pagare sulla pelle dei lavoratori strategie politiche e sindacali sbagliate» ha detto in apertura del consiglio il sindaco di San Gemini Luciano Clementella, secondo il quale «la Regione deve vigilare per garantire che investimenti finora mancati vengano portati a termine, grazie a nuovi capitali. Noi saremo sempre a fianco dei lavoratori».
Gli impegni della politica, lo spettro del fallimento
Presenti sul fronte della politica e delle istituzioni, oltre ai sindaci di Acquasparta e Montecastrilli, gli assessori del Comune di Terni Fatale e Ceccotti, l’ex sindaco di San Gemini e senatore Leonardo Grimani, il deputato Raffaele Nevi, la presidente della commissione attività produttive della Camera Barbara Saltamartini, i consiglieri regionali Eleonora Pace, Fabio Paparelli, Tommaso Bori, Valeria Alessandrini e Daniele Carissimi. Tutti d’accordo su un punto: «Dobbiamo essere coesi, è un percorso da fare insieme al di là delle differenze politiche per portare a casa il risultato». Il percorso, è stata l’opinione comune, proseguirà così su due livelli: quello nazionale, attraverso la richiesta di un intervento anche del Mise, e quello regionale, visto che palazzo Donini è proprietaria delle concessioni e – è stato ricordato dall’ex assessore regionale allo sviluppo economico Paparelli e dall’ex sindaco Grimani -, l’accordo del 2018 con l’azienda prevede il vincolo giuridico, fino al 2024 del mantenimento degli attuali livelli occupazionali. La Saltamartini ha preso l’impegno nel convocare la proprietà in commissione, dove saranno ascoltati anche i sindacati. «Bene gli impegni, basta che siano mantenuti e non sia solo una passerella. Tra una settimana potrebbe essere troppo tardi» il loro commento. «Mi dispiace non aver sentito parlare in questa assemblea di quello che si è vetilato al di fuori, cioè la possibilità concreta del fallimento – ha messo in allerta sul finale del consiglio, il consigliere comunale Alexander Borrelli, l’unico a ventilare ufficialmente questa ipotesi -,dell’azienda. La mia è una raccomandazione a chi può intervenire, dunque alla politica: iniziate da ipotesi peggiore, prendetene atto e intervenite di conseguenza, a breve potrebbe essere troppo tardi».
Le notizie che circolano
La crisi di liquidità del gruppo Acque Minerali d’Italia è un dato ormai assodato, si parlerebbe di circa 160 milioni complessivi. L’azienda sta prendendo tempo – ma i 10 giorni richiesti l’11 febbraio ai sindacati stanno per scadere – per portare a conclusione il percorso già avviato in esito alle possibili operazioni societarie di alcuni asset. Il gruppo San Benedetto sarebbe interessato ai marchi Norda e Gaudianello, forse attraverso uno scambio di partecipazioni. Ma per la Sangemini non ci sarebbe questo interesse. A pesare sulla situazione del gruppo Ami la crisi di un altro settore fondamentale per la proprietà, la Pessina costruzioni, per la quale ha chiesto al tribunale di Milano di essere ammessa a concordato preventivo.
L’atto dell’assise comunale
Nella serata di lunedì, non senza qualche difficoltà e dietro la sollecitazione di sindacati e rsu, il consiglio comunale ha votato all’unanimità la decisione di sottoscrivere un documento che recepisce l’intervento del sindaco Clementella. Questi, come accennato, ha chiesto «l’attuazione del piano industriale predisposto nel novembre 2018 con la messa in campo di disponibilità finanziarie» e la garanzia sull’esistenza di queste disponibilità, oltre che di conoscere «la reale efficacia degli interventi previsti nel piano per l’aumento e la diversificazione della produzione supportata da ricerche di mercato aventi come focus sia il mercato nazionale che internazionale». «Ci aspettiamo che la Regione, dalla presidente Tesei ai nuovi assessori e consiglieri, faccia la sua parte – ha detto Clementella – ed invoco che da domani si tracci un confine tra come sono state gestite le varie questioni sino ad oggi e quello che accadrà in futuro». A proporre il documento unitario era stato tra gli altri anche il gruppo consiliare San Gemini Bene Comune, che si chiede come sia possibile «credere che nei prossimi 15giorni, come dichiarato dalla proprietà, ci possa essere una evoluzione delpiano di ristrutturazione del gruppo che porti ad una conclusione positiva ditale vicenda». «Non vogliamo essere per forza pessimisti – ha scritto il capogruppo Stefano Giammugnai -, ma francamente adesso, ci fidiamo pochissimo, vogliamo checi fosse chiarezza assoluta, a pagare fino ad adesso sono stati solo ilavoratori, con grandi sacrifici economici e personali, con le rsu distabilimento che fino ad oggi hanno sempre cercato di rendersi disponibili atrovare appianamenti anche impopolari, per trovare soluzioni che si sperano definitive».