Sangemini torna alle origini: ripresa la produzione della bottiglia verde

Via al restyling del marchio. Intanto rsu e azienda in cerca di un accordo sul futuro

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La Sangemini torna al passato: mercoledì è ripresa negli stabilimenti di via Tiberina la produzione della storica bottiglia verde, simbolo dei tempi d’oro del marchio umbro di acque minerali. Un restyling annunciato a fine 2021 da Ami, il gruppo che controlla Sangemini, e che ora è finalmente realtà. Le bottiglie verdi – prodotte in plastica nei formati da 1,5 litri, un litro e mezzo litro e in vetro da un litro – andranno a rimpiazzare completamente quelle trasparenti fino ad ora in commercio, frutto di una scelta di un precedente management. Nuova anche l’etichetta, che ricorda anch’essa quelle del passato e rimarca i benefici di quest’acqua minerale effervescente naturale, ricca di calcio, indicata soprattutto per bambini e anziani.

Nuova fase

La speranza dei lavoratori e dei propri rappresentanti è che il ritorno della bottiglia verde deciso dall’attuale amministratore delegato Alessandro Frondella, da loro fortemente voluto, e il conseguente riposizionamento sul mercato del marchio, possano dare un nuovo impulso alle vendite e quindi alla produzione, che attualmente in Sangemini si aggira sui 120 milioni complessivi di bottiglie l’anno (compresi anche i marchi Aura, Grazia, Fabia e Amerino). Un livello ancora lontano da quello potenziale. “Con l’azienda stiamo costruendo un percorso per arrivare a un accordo sindacale, fino al 2025, con l’obiettivo, dal nostro punto di vista, di eliminare la cassa integrazione, ampiamente richiesta in passato ai lavoratori, e di rilanciare l’azienda, mantenendo l’occupazione” spiega Riccardo Liti, rsu della Flai Cigl, parlando anche a nome dei colleghi Marcello Rellini, della Fai Cisl, e di Michele Leone, della Uila Uil. “Stiamo cercando di trovare una quadra, siamo in una fase di discussione – aggiunge -. I presupposti per un’intesa ancora non ci sono, ma siamo in una fase avanzata. È ora di cambiare passo, perchè finora i lavoratori hanno fatto troppi sacrifici”. Venerdì è in programma la prossima riunione col management. Il mantenimento dei livelli occupazionali, ribadisce Liti, è il punto centrale della discussione per le forze sindacali, disposte a discutere esclusivamente di pensionamenti (visto che gran parte della fabbrica è formata da lavoratori over 55) o di uscite volontarie, ma non di licenziamenti con Ami, ora controllato all’80% dal fondo americano Magnetar e da quello italiano Clessidra. Inoltre, in prospettiva, per Sangemini c’è anche il tema del rinnovo delle concessioni da parte della Regione Umbria, in scadenza nel 2024, rispetto al quale le rsu chiedono un appoggio da parte della stessa Regione e dei Comuni interessati.

Marcello Rellini, Rsu Fai Cisl: «Preoccupati per i volumi bassi»

«Il ritorno della Sangemini alle origini come packeging è positivo, ma ancora siamo preoccupati perché i volumi sono molto bassi per i nostri marchi Umbri, da tempo chiediamo un piano industriale con rilancio delle vendite, dopo tutti i sacrifici fatti dai lavoratori», scrive Marcello Rellini, Rsu Fai Cisl. «Per questo chiediamo una rete vendita capillare per i marchi umbri in particolar modo riferita a Sangemini fiore all’occhiello del gruppo. Questo è quello che chiedono i lavoratori di Sangemini e Amerino, per garantire il futuro lavorativo dei siti. Su questo ci batteremo senza sconti, per il rilancio dei nostri siti».


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