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Home » Sanità: quasi il 10% dei cittadini dell’Umbria rinuncia alle cure

Sanità: quasi il 10% dei cittadini dell’Umbria rinuncia alle cure

Il dato emerge dal report della Fondazione Gimbe, 'La spesa sanitaria privata in Italia nel 2023'

di Fabio Toni
19 Febbraio 2025
in Ambiente e salute
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Foto paginemediche.it

Foto paginemediche.it

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di Giovanni Cardarello

Nel 2023 il 9,2% dei cittadini dell’Umbria ha rinunciato alle cure, contro una media nazionale del 7,6%. Una discrepanza significativa che emerge dal report della Fondazione Gimbe ‘La spesa sanitaria privata in Italia nel 2023’, commissionato dall’Osservatorio nazionale welfare & zalute (Onws) e presentato martedì Cnel.

Il report analizza «il peso economico crescente sostenuto dalle famiglie e le criticità del sistema della sanità integrativa». I dati del 2024 non sono ancora disponibili. La discrepanza tra l’Umbria e resto d’Italia si spiega attraverso tre parametri oggettivi: le difficoltà nell’accesso al servizio sanitario nazionale (Ssn), spesso dovute alle lunghe liste d’attesa, la mobilità passiva e quello delle transazioni presenti nella tessera sanitaria.

In particolare il dato della mobilità passiva, quello relativo ai cittadini che si curano fuori regione, racconta che nel 2023 l’Umbria ha fatto registrare il saldo negativo, rapportato alla popolazione, peggiore d’Italia. Quello sui dati della tessera sanitaria racconta invece che in Umbria, parametrando la spesa trasmessa in rapporto alla popolazione residente nel territorio del 1° gennaio al 31 dicembre 2023, il valore è di 645 euro pro-capite. Una famiglia di 4 persone spende quindi 2.580 euro l’anno per le cure. Un salasso.

Un dato che è inferiore alle media nazionale, che è di 730 euro a persona. Ma comunque ampiamente sufficiente a spingere le persone a rinunciare, drammaticamente, alle cure. Sempre secondo il report della Fondazione Gimbe, in generale, le regioni con migliori performance nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) registrano una spesa pro-capite superiore alla media nazionale, mentre quelle del Mezzogiorno o in ‘piano di rientro’ si collocano al di sotto.

«Questo dato – sostiene la Fondazione – conferma sia che il livello di reddito è una determinante fondamentale della spesa out-of pocket, sia che il valore della spesa delle famiglie, al netto del sommerso, non è un parametro affidabile per stimare le mancate tutele pubbliche, perché condizionato dalla capacità di spesa individuale».

Da segnalare, inoltre, che la spesa sanitaria complessiva a carico delle famiglie italiane nel 2023 ha superato i 40 miliardi di euro, registrando un aumento del 26,8% tra il 2012 e il 2022. In particolare, la spesa sanitaria totale in Italia ha raggiunto 176,1 miliardi di euro di cui 130,3 miliardi di spesa pubblica (74%), 40,6 miliardi di spesa privata pagata direttamente delle famiglie (23%) e 5,2 miliardi di spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni (3%).

Considerando solo la spesa privata, l’88,6% è a carico diretto delle famiglie, mentre solo l’11,4% è intermediata. Per quanto riguarda le principali voci di spesa sanitaria delle famiglie, sempre secondo il report della Fondazione Gimbe, queste includono l’assistenza sanitaria per cure e riabilitazione (44,6%) e i farmaci (36,9%), ma il 40% di questa spesa riguarda prestazioni di basso valore, come esami e terapie che risultano inutili, senza rispondere a reali bisogni di salute.

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