«Scuola e istituzioni non lascino i giovani e le famiglie da soli»

Terni – La riflessione del 25enne Francesco Scaccetti, dopo la morte dei due adolescenti: «Costretti in un limbo in cui non trovano di meglio da fare che consumare la vita»

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Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Francesco Scaccetti, 25enne ternano laureato in scienze politiche, dopo i tragici fatti che hanno portato alla scomparsa dei giovani Flavio Presuttari e Gianluca Alonzi

Francesco Scaccetti

La notizia di pochi giorni fa dei due giovanissimi uccisi a Terni da una dose di metadone ha sconvolto l’intera comunità cittadina. Di fronte a episodi così strazianti non si può evitare di chiedersi ‘perché?’. Una domanda che non ha mai avuto alcun potere di fronte al silenzio impenetrabile della morte. Un episodio di questa gravità deve farci interrogare sulle condizioni psicologiche e culturali dei giovani che vivono nella nostra città e sulla qualità dei contesti di aggregazione a loro disposizione.

Sembra ormai chiaro che i giovani, anche se non sempre ne sono consci, vivono uno stato di tristezza e angoscia nei confronti della vita. C’è chi ha definito la loro una condizione di nichilismo, il più inquietante tra tutti gli ospiti, come lo definiva Friedrich Nietzsche. Tale deserto di valori si riconosce anche nella musica che la maggior parte dei giovanissimi si spara nelle orecchie, i cui testi celebrano il denaro come unico portatore di senso, le droghe e il sesso come sterile forma di divertimento.

L’assenza di un contesto che favorisca un’educazione emotiva efficace sia in famiglia che a scuola, lascia spazio ad un vuoto colmato troppo spesso dagli eccessi dei consumi e dei divertimenti. In questo limbo ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti o le sostanze, ma la vita stessa. Si vive il presente come se non ci fosse un domani, perché il futuro non è capace di far intravedere alcuna stabilità. E dove non sono le sostanze a far scomparire un orizzonte di senso dalla propria vita, è la solitudine tipica delle ultime generazioni educate ad un individualismo esasperato.

Con la mancanza di un senso di comunità, di spazi di aggregazione volti a investire sulla forza delle idee, dei progetti, dei sogni della gioventù resta solo la scelta di rifugiarsi nei divertimenti perché non si è più in grado di gioire. Ma la gioia è innanzitutto gioia di sé, quindi identità riconosciuta, realtà accettata, frustrazione superata. La scuola e le istituzioni hanno un ruolo molto rilevante in tutto questo.

Nella scuola si dovrebbe prima educare e poi istruire e lasciare spazio alla scoperta di sé. Le istituzioni dovrebbero ascoltare il grido di disperazione dei giovani che hanno come unica occasione di incontro la bevuta, che spesso sfocia in ubriacatura e in rissa di fronte al pub e offrire loro contesti di sana aggregazione e spazi culturali.

Nella nostra città si è assistito purtroppo a decisioni prese dalla giunta comunale che sono andate nella direzione opposta, ovvero quella della chiusura di diversi spazi di aggregazione autogestiti o nell’assenza di fondi destinati a politiche giovanili. Sta proprio nel prescindere dai giovani il vero segno del tramonto della nostra cultura.

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