Covid, sport: attesa e auspici per ripresa

Terni, lettera del vicepresidente vicario della Fitri, Giubilei: «Prima diffidenza, poi avversione. Spero che odiatori seriali avranno trovato altri capri espiatori»

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di Riccardo Giubilei
Vicepresidente vicario Federazione italiana triathlon

Giubilei con Lorenzo Felici

Il tempo da sei settimane si è fermato per noi sportivi, chiusi come in una bolla sempre più piccola, costretti ad inventarci improbabili modalità di allenamento.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Chi fa sport, chi ama lo sport, è abituato a rispettare le regole. Per questo ci siamo messi da subito a disposizione restando a casa, fermando tutti gli allenamenti dai grandi campioni all’ultimo degli amatori, per rispetto verso quelli che continuavano a lavorare nelle trincee degli ospedali, per dare un segnale, per tutelare la salute di tutti, ben consapevoli che l’esempio, in casi come questo, è essenziale.

Abbiamo tollerato con pazienza zen un’inattività forzata mentre dalla finestra vedevamo improbabili passeggiatori seriali trascinare cani allo stremo; abbiamo ignorato le immagini da tutti gli altri Paesi in cui l’attività fisica, ben normata, non solo è stata concessa, ma auspicata; ci siamo convinti che in fondo potevamo pedalare sui rulli per migliaia di chilometri senza uscire di casa mentre osservavamo perplessi le file davanti alle tabaccherie; abbiamo riscoperto le flessioni ed usato tutti gli attrezzi più improbabili per sentire il nostro cuore allenato salire di battiti mentre i vicini continuavano ad entrare ed uscire di casa per comprare cinque euro di fragole e panna.

I più temerari hanno accettato di uscire con mascherina e guanti a correre tassativamente entro i 200 metri di casa come criceti in gabbia, facendo finta di non sentire patrioti che ci urlavano dalle finestre. Abbiamo trasformato i nostri terrazzi ed i nostri salotti in palestre fai da te per garantire il distanziamento sociale, mentre i supermercati venivano presi d’assalto da file interminabili di spacciatori di lievito. Abbiamo fatto finta di ignorare vent’anni di lotte quotidiane all’obesità ed alla sedentarietà, cercando faticosamente di far capire che praticare lo sport non è una moda, ma incide prepotentemente sulla qualità della vita, che ne vale della salute delle persone.

Noi che amiamo il triathlon, faticavamo già prima a non farci investire sulle strade quando ci allenavamo in bici e i droni li avevamo visti solo sulla starting list, prima della partenza in acqua. Abbiamo sentito crescere intorno a noi prima una diffidenza poi un’aperta avversione: noi che amiamo fare sport rispettando la natura, che vogliamo soltanto sentire il battito del nostro cuore che sale, col vento in faccia ed il sudore che scende lungo la schiena; abbiamo dovuto tollerare un’insensata protesta che ha esercitato la pressione su Regioni e Governo perché si applicassero limitazioni sempre più stringenti. E le abbiamo rispettate in silenzio, consapevoli che è stata la parte più sana della nostra popolazione a restare a casa senza concedersi tentazioni.

Fra poco, speriamo, ci sarà permesso di uscire di nuovo e ricominciare ad allenarci: non vediamo l’ora. Per quel momento spero proprio che gli odiatori seriali avranno trovato altri capri espiatori, che le istituzioni ci aiutino a ripristinare il valore reale delle cose e dei comportamenti: altrimenti saremo costretti ad alzare il volume dei nostri i-pad, accelerando il passo, cullati dal battito del cuore che sale, guardando con compassione chi proprio non riesce a capire quanto sia vuota una vita senza sport.

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