di Francesca Torricelli
È dal 25 novembre 1964 che Luciano Fortunati ogni giorno tira su la serranda della sua attività, una gioielleria in corso Tacito che porta il nome della sua famiglia. Luciano, che oggi ha 85 anni, è una memoria storica e dalle vetrine della sua gioielleria negli anni ha visto più cambiare volto alla sua città, cercando di tenersi sempre al passo con i tempi. Dopo 60 anni di attività racconta la sua esperienza ed ha anche qualche consiglio per le giovani generazioni.
«Sono partito da niente – racconta Luciano – perché ho iniziato nel 1958 con mio fratello in via Barberini come orologiaio, poi nel 1964 ho aperto questa gioielleria a corso Tacito. È stata una sfida, ho provato, mi sono buttato. Non era facile aprire in questa via con i mezzi che avevo all’epoca, anche se devo essere sincero nel dire che ho avuto la fortuna di avere uno zio che mi ha aiutato. Ho iniziato prima con una delle mie sorelle, poi con l’altra. Fino ad essere affiancato da mia moglie e poi dalle mie figlie. Piano piano, con molti sacrifici, sono andato avanti arrivando fino ad oggi. I primi 10 anni ho seminato, è stata dura, poi ho iniziato a raccogliere i frutti del lavoro. Certo, non erano i tempi di oggi».
Con l’ingresso delle figlie nell’attività «c’è stato un po’ un cambio di passo per stare dietro alle esigenze del commercio, loro sono giovani sanno meglio di me quali sono gli oggetti e le nuove richieste dei clienti. Ma non abbiamo voluto abbandonare la tradizione, mantenendo dei pezzi antichi che le persone non trovano altrove. Ci sono dei clienti storici che ancora oggi entrano cercando me per riparare i loro orologi. È giusto innovarsi, ma non va dimenticata la storia. Voglio lasciare alle mie figlie un’eredità che sia una professione, un mestiere artigiano che non si trova più. Se oggi i giovani imparassero un mestiere come questo sarebbero dei professionisti rari e avrebbero grandi soddisfazioni, sia professionali che economiche».
Luciano in questi 60 anni ha visto la città cambiare volto più volte. «Di negozi storici – dice – ne sono rimasti ormai pochissimi, ci siamo noi e altri 3 o 4 in città. Oggi purtroppo le attività aprono per qualche anno, addirittura alcune per pochi mesi, poi chiudono e in quei locali apre qualcos’altro. A me la crisi non spaventa più, non solo per la mia età, ma anche perché oramai sono in grado di affrontarla. Ho retto il colpo tanti anni per la passione e il piacere di fare questo mestiere. C’è voluto impegno e volontà di riuscire. Un consiglio che mi sento di dare alle generazioni future? La pazienza».