di S.F.
Linee guida per ridurre il traffico veicolare privato a motore e individuare misure utili per orientare i trasferimenti dalla propria abitazione alle sedi comunali dei dipendenti, con forme di mobilità sostenibile alternative. Tutto legato al Pums approvato il 23 dicembre del 2019 dove si prevedeva la redazione dell’atto denominato ‘Piano degli spostamenti casa-lavoro’, il Pscl: il documento è stato preparato dal mobility manager del Comune di Terni, Walter Giammari, e adottato con una determina dirigenziale della comandante della polizia Locale, Gioconda Sassi. Per il momento si tratta di un documento propedeutico alla richiesta di contributo al ministero. Ci sono diverse curiosità in merito alle campagne di sensibilizzazione e gli eventi previsti come forma di incentivazione.

Perché si fa il piano
Breve passo indietro. Il Comune ha adottato per la prima volta il piano perché si tratta di un’indicazione contenuta nel cosiddetto Decreto Rilancio del 2020: in sostanza tutte le imprese e le pubbliche amministrazioni con oltre 100 dipendenti – in Comuni con più di 50 mila abitanti – devono farlo entro il 31 dicembre di ogni anno. Dopodiché lo scorso 12 maggio il ministero della Transizione ecologica, di concerto con quello delle Infrastrutture, ha messo nero su bianco le modalità attuative per raggiungere l’obiettivo attraverso il Pscl sulla base dell’analisi degli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti, delle esigenze di mobilità e dello stato dell’offerta di trasporto presente nell’area coinvolta. Il termine ultimo per chiuderlo era fissato al 22 novembre 2021 e le sedi principali prese in considerazione per la stesura sono piazza Ridolfi per palazzo Spada e corso del Popolo per il ‘Pentagono’.

Obiettivo e vantaggi: stress, socializzazione e ambiente
L’obiettivo è mettere a disposizione misure alternative e più convenienti – per l’intera collettività – rispetto all’uso dell’auto. Come? Con una serie di azioni da studiare per la razionalizzazione degli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti comunali. Tra i vantaggi elencati (sia lato lavoratore che Comune) ci sono la «possibilità di premi economici, la riduzione del rischio di incidenti, il minore stress psicofisico da traffico, l’aumento delle facilitazioni e dei servizi per coloro che già utilizzano modi alternativi, socializzazione tra colleghi, migliore accessibilità alla sede (da considerare come un valore aggiunto), riduzione dei costi e dei problemi legati ai servizi di parcheggio, migliori rapporti con gli abitanti dell’area circostante l’azienda/ente, riduzione dello stress per i dipendenti con conseguente aumento della produttività e conferimento di un’immagine della azienda/ente aperta ai problemi dell’ambiente». E per la collettività? «Riduzione dell’inquinamento atmosferico, benefici in termini di sicurezza, riduzione della congestione stradale e ottimizzazione dell’uso del suolo e riduzione dei tempi di trasporto». Tutto da vedere sul campo.

Le tre fasi e lo smart working
Le tre fasi per la stesura riguardano l’analisi dello stato di fatto (caratteristiche dei dipendenti, orari di lavoro, motivazione dell’utilizzo dell’auto e disponibilità all’impiego di modalità diverse), il progetto e l’attuazione con studio su diversi aspetti: aree di sosta (rilevati al 2019 ben 6.265 stalli nelle aree centrali della città, il 29% dei quali a pagamento per un totale di 1.840 parcheggi, evidentemente un refuso considerando che al massimo possono essere 1.600) trasporto pubblico locale, Pums, ciclabilità, Ztl e mobilità condivisa. Sono 648 i dipendenti interessati dal piano. Spazio anche al lavoro agile: «A seguito dell’esperienza maturata durante la pandemia, è in fase di valutazione, d’accordo con l’ufficio del personale, la programmazione dello smartworking anche ad emergenza sanitaria rientrata».

Le idee in fase di studio: le particolarità
Per quel che concerne la fase attuativa sono diverse le misure messe nero su bianco. Ad esempio c’è la categoria campagne di sensibilizzazione ed eventi, alcune curiose: «Giornata dedicata alla promozione della mobilità sostenibile (senza auto o bike to work), concorsi e premi per chi testa nuove modalità di spostamento (esempio, caffè per chi arriva in bici), mobility jackpot con estrazione settimanale di un dipendente e sua premiazione se, ad esempio, arriva in Tpl e premi ai dipendenti che riducono l’impatto carbonico». Ci sono poi agevolazioni Tpl per i familiari dei dipendenti, tessere aziendali di servizi per mobilità condivisa, contributi per l’accesso a tali servizi, introduzione/estensione dell’orario flessibile, l’istituzione di ‘parcheggi rosa’ per lavoratrici in stato di gravidanza, auto aziendali elettriche per spostamenti di servizio, corsi di ecoguida per i dipendenti a carico totale o parziale dell’azienda, rimborso chilometrico (buoni modalità ciclo-pedonale), creazione di una community di bikers in Comune, bici in regalo o possibilità di acquistarla con sconti e fringe benefit.

In concreto?
Come detto per il momento è una mera adozione: «Il Comune di Terni si riserva di avanzare istanza di finanziamento di una o più iniziative di mobilità sostenibile definite nel ‘Piano degli spostamenti casa-lavoro’». Per l’attuazione la storia è diversa: «Una volta individuate, in funzione della disponibilità di risorse e di bilancio, le iniziative elencate, sarà redatto il programma di implementazione delle misure in forma tabellare, comprensivo dei costi e dei tempi associati ad ognuna di esse». Primo step concluso, per il resto c’è da attendere. Senza fondi non si va da nessuna parte.