di S.F.
Terni ed i sinistri stradali, sono numerosi i contenziosi che nel corso degli anni hanno coinvolto il Comune di Terni. Di recente una sentenza della Corte d’Appello ha messo la parola fine ad una vicenda sviluppatasi a partire dal 24 maggio 2018, quando ci fu incidente in via di Porta San Giovanni: questa volta palazzo Spada si ‘salva’ per il nesso di causalità materiale fra la res in custodia e l’evento di danno che non c’è.
Il ricorrente – difeso dall’avvocato Dino Parroni – si era attivato per il risarcimento del danno in seguito ad una caduta in orario notturno con il proprio motociclo in via di Porta San Giovanni. Motivo? L’impatto a terra per via di un’insidia del manto stradale, in questo caso una buca. Per il quale ha responsabilità il Comune. Il tribunale di Terni ha rigettato la domanda e la partita è proseguita in Corte d’Appello a Perugia: parte appellante si è riattivata con un unico motivo di impugnazione, dolendosi di aver «correttamente provato il nesso di causalità materiale fra l’incidente stradale e la presenza di una profonda buca stradale non opportunamente segnalata». Sul posto erano intervenuti gli agenti della polizia Locale.
Ed ecco il nodo della vicenda. Dalle fotografie prodotte in seguito al sinistro «non è possibile in alcun modo evincere la sussistenza della riferita buca stradale», si legge nella sentenza della Corte d’Appello. «Peraltro, pur avendo puntualmente descritto la natura della strada, la sua conformazione, la pavimentazione e lo stato del fondo stradale, come già correttamente rilevato dal giudice di prime cure, gli agenti di polizia intervenuti sul luogo del sinistro non hanno fatto menzione alcuna della presenza dell’asserita buca stradale ovvero di manto stradale disconnesso nel verbale di sinistro stradale – assistito da fede privilegiata». Non solo: «In secondo luogo, parte attrice ha omesso di fornire qualsivoglia prova dell’effettiva esecuzione di lavori di rifacimento del manto stradale successivamente alla verificazione del sinistro». Firma la presidente della sezione civile Claudia Matteini.
Di mezzo anche la ricostruzione dei fatti e quanto visto dai testimoni presenti: «Risulta, inoltre, assolutamente inverosimile che gli amici che seguivano il motociclista, evidentemente l’uno di seguito all’altro, trovandosi in un tratto di strada rettilineo ad unico senso di marcia, anch’essi alla guida del proprio motociclo, abbiano potuto avvedersi entrambi con sicurezza che la perdita di controllo del motociclo sia stata determinata dalla presenza della buca stradale, laddove neppure il conducente ha potuto avvedersene, come comprovato dall’omesso riferimento all’insidia nelle sommarie informazioni testimoniali rese agli agenti di polizia il giorno successivo al sinistro». In sostanza non è stato provato il nesso di causalità materiale fra la res in custodia e l’evento. Gli stessi agenti giunti in loco hanno «omesso qualsivoglia rilievo della presenza dell’asserita buca, accertando, al contrario, con efficacia di piena prova fino a querela di falso, che il sinistro si è verificato in tratto di strada rettilineo, a senso unico di marcia, asfaltato ed asciutto, in condizioni metereologiche serene, con visibilità buona, illuminazione elettrica presente e traffico scarso». L’uomo è stato condannato al pagamento delle spese di lite in favore del Comune – difeso dall’avvocato Francesco Silvi – per un totale di 9.991 euro.