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Home » Terni, famiglia isolata: «Mai chiamati per effettuare il tampone»

Terni, famiglia isolata: «Mai chiamati per effettuare il tampone»

di Simone Francioli
15 Ottobre 2020
in Ambiente e salute, Coronavirus, In evidenza, Opinioni
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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A raccontare con dovizia di particolari il disagio vissuto sulla propria pelle, e quella della sua famiglia, è una lettrice. Per completezza, come già abbiamo fatto in passato, è doveroso ricordare il contesto di particolare difficoltà in cui si trovano ad operare da alcuni giorni i servizi della Usl2, in particolare il dipartimento di igiene e prevenzione, a causa del forte incremento di positivi al virus.

Lettera firmata

Sono residente a Terni e il 4 ottobre io e la mia famiglia abbiamo avuto un contatto prolungato (dalle ore 13 alle 19 circa) con una persona risultata poi positiva al Covid con un tampone effettuato il 6 ottobre dall’Usl di Viterbo.

Informati il giorno 8 ottobre dalla persona in questione della sua positività, io e la mia famiglia abbiamo contattato il medico di base e la pediatra di mio figlio del possibile contagio e ci siamo messi in isolamento volontario, nel frattempo sono state avviate le procedure di segnalazione al dipartimento di igiene e prevenzione dell’Usl 2 dell’Umbria.

Domenica 11 finalmente ricevo una telefonata dall’Usl 2 dell’Umbria che mi informa che io e la mia famiglia siamo in isolamento fiduciario e che probabilmente saremmo stati contattati il giorno successivo (lunedì 12) per il tampone. Poche ore dopo mi contatta anche l’Usl di Viterbo che mi informa del contatto avuto il 4 ottobre. Lunedì 12 nessuno ci ha contattati.

Martedì 13 chiamo al centralino Usl per sapere del nostro tampone, mi passano un numero interno che mi dice che devo contattare il mio distretto sanitario, nello specifico il Tacito, per sapere quando mi devo recare al drive in di viale Trento. Telefono quindi al distretto Tacito e l’infermiera del distretto, dopo aver controllato sul portale, mi dice che i nostri nomi non sono stati ancora segnalati dal dipartimento di igiene e prevenzione.

Mercoledì 14 mio padre mi informa che il distretto di Narni Scalo li ha contattati per il tampone, anche mio padre e mia madre, infatti, erano venuti a contatto con il caso Covid.

Chiamo così il distretto Tacito e l’operatrice mi ripete che il mio nome e quelli di mio figlio e mio marito ancora non sono stati segnalati e che non possiamo recarci in viale Trento per il tampone, chiamo quindi l’Usl dove mi risponde la centralinista dicendo che di telefonate come la mia ne riceve a centinaia e, per non sentire più le mie proteste, mi passa un numero interno, parte così un’interminabile ‘Primavera di Vivaldi’ che si conclude solo quando cade la linea. Chiamo quindi il medico di base che mi dice che la segnalazione è stata fatta e che bisogna aspettare. Intanto vengo a sapere che anche mio cugino, residente a Narni e venuto a contatto con lo stesso caso Covid lo stesso giorno, ha fatto insieme alla moglie il tampone.

Decido di scrivere due mail al dipartimento di igiene e prevenzione, ma non ho al momento ricevuto risposta. Chiamo nuovamente il distretto Tacito, mi risponde la stessa infermiera con cui avevo parlato qualche ora prima e mi dice che si è appuntata i nostri nomi, ma che non riesce a contattare il dipartimento di igiene e prevenzione. Provo quindi a chiamare il numero verde 800 63 63 63 e riferisco all’operatrice la mia situazione, l’operatrice mi consiglia di far chiamare il dipartimento dal medico di base e dalla pediatra perché se chiamo al dipartimento di igiene e prevenzione come privato cittadino «nessuno ti si fila».

Ora vorrei farvi riflettere su questi punti: se io il giorno 8 ottobre non avessi segnalato il contatto con il paziente Covid al mio medico e alla pediatra, fino al pomeriggio di domenica 11 ottobre quando sono stata contattata anche dall’Usl di Viterbo, avrei potuto tranquillamente girare e, se positiva, avrei potuto infettare mezza Umbria. Non avendo fatto il tampone, non sappiamo se siamo negativi o asintomatici. Considerando che il contatto c’è stato il 4 ottobre, se mio figlio, che ha frequentato la scuola fino a giovedì, dovesse risultare positivo al Covid, avrebbe ancora senso comunicarlo alla scuola con tutto questo ritardo? Se ha trasmesso l’infezione a qualche compagno, il virus ha avuto tutto il tempo di correre e replicarsi.

In questa storia l’unica nota positiva è il senso di responsabilità che abbiamo avuto nel contattare il medico di base e la pediatra e di metterci fino a domenica 11 in isolamento volontario, infatti se non fossimo stati avvertiti dal paziente Covid con cui abbiamo avuto il contatto o fossimo più semplicemente dei ‘negazionisti’ saremmo andati in giro, avremmo frequentato scuole, posti di lavoro, palestre, pizzerie e bar… non sta andando tutto bene.

Mi ritengo una persona responsabile che ha il senso del dovere e penso che, se venuti in contatto con un caso Covid, sia necessaria la quarantena e il tampone, ma se a dieci giorni dal contatto io e la mia famiglia non veniamo chiamati per un tampone e non so neanche quando lo farò e perché il dipartimento di igiene e prevenzione non trasmette i nostri nominativi al distretto sanitario di pertinenza, ecco allora io mi sento come ‘sotto sequestro’, mi sento privata delle mie libertà e soprattutto del diritto che dovrebbe avere una madre di sapere qual è lo stato di salute del proprio figlio.

Ci tengo a precisare che questa è una lettera il cui scopo è quello di denunciare un mancato funzionamento del sistema di tracciamento e dei tamponi perché credo che l’efficienza di questo meccanismo sia fondamentale per contrastare l’avanzare del contagio.

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