Terni, il coronavirus rivoluziona vita e lavoro. Le storie

Dalla fisioterapista che comunica via Skype alla psicologa che si preoccupa di mettere a proprio agio i pazienti. Fino all’architetto che ha portato lo studio a casa

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di Alice Tombesi

Serrande abbassate, uffici chiusi, poche macchine che passano su strade dove fino a qualche giorno fa lavoratori e non rimanevano bloccati nel traffico delle ore di punta. Su Terni gradualmente cala un silenzio che va di pari passo con la paura del contagio. Di fronte alle uniche attività rimaste aperte, supermercati farmacie uffici postali, lunghe file di persone aspettano di entrare. A dividerle un metro e mezzo di distanza e, a volte, una mascherina e un paio di guanti in lattice.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

La vita cambia

Si potrebbe dire, senza tanti giri di parole, che questo 2020 non è iniziato affatto come la maggior parte del mondo sperava: un virus che, inizialmente dall’aspetto esotico e quindi lontano, faceva osservare la Cina con gli occhi di chi non si sarebbe mai voluto trovare al posto dei cittadini di quella terra lontana. Lo stesso virus che poi, però, è diventato il nostro vicino di casa e poco dopo il nostro coinquilino. Se per molti versi l’onda d’urto del coronavirus ha stravolto la vita di tutti gli italiani, obbligandoli a modificare la routine quotidiana e a gestire la giornata eliminando gesti e attività date per scontate (abbracciare, stringere la mano, prendere un caffè al bar, una birra al pub), dall’altra parte ha regalato una chiave diversa di lettura del tempo, dei rapporti sociali, del lavoro.

Il tempo ‘dilatato’

Quando in una giornata di 12 ore di operosità, la maggior parte di queste passa in lavoro o studio, nel poco tempo libero rimasto si concentrano attività di svago considerate ‘un più’, da concedersi quando tutto quello che andava fatto è stato portato a compimento. Quando però il virus irrompe nelle nostre giornate, il tempo a disposizione sembra essersi improvvisamente dilatato, diventando un contenitore dove poter inserire tutto quello che non si riusciva a fare prima. I libri rimasti da parte per mesi, i film a cui si dedicava solo il fine settimana, quelle ricette da provare, quello strumento da rispolverare o da scoprire, i giochi da tavola concessi solo a Natale, una chiacchiera sul divano, una passeggiata all’aria aperta – con tutte le cautele del caso – nel bel mezzo della settimana, osservare dalla finestra una città silenziosa, apprezzare un po’ di più la compagnia di chi vive con noi. Il tempo dilatato contiene tutto questo e risolleva l’animo.

Il ‘lavoro intelligente’

C’è chi, poi, ha potuto portare il lavoro a casa trovando comunque tempo per fare altro. Silvia, ad esempio, lavora in uno studio di architetti: «Abbiamo chiuso lunedì, dal mio portatile a casa faccio progetti 3D. Nonostante continui l’attività, ho tempo per fare altro e non è così male». L’emergenza del coronavirus, infatti, non ha eliminato ogni possibilità di lavoro. La ‘fortuna’ di essersi espanso nell’era della massima globalizzazione è proprio questa: smart working, letteralmente lavoro intelligente, fa sì che chi lavora con mezzi digitali possa trasferire comodamente tutto sul proprio portatile, continuando da casa.

Fisioterapia ‘a distanza’

L’altra ‘fortuna’ nella sventura è che, nel 2020, tutti sanno cosa è una videochiamata tramite Skype, Facetime o altre piattaforme. Dalla categoria non vanno esclusi gli anziani poiché molti di loro, in tempi di necessità come questi, hanno voluto imparare ad usarli. Così la lezione di fisioterapia non va in fumo con l’emergenza Covid-19. Si mette un tappetino in camera, si spegne la luce e ci si rilassa. «La mattina ho chiuso e la sera avevo pensato ad una soluzione. Fare lezione via Skype – racconta Simonetta, fisioterapista ternana – il riscontro dei pazienti è stato positivo. È difficile fare il mio lavoro stando lontani ma mi sono fidata dei miei clienti e loro di me, ho insegnato loro la consapevolezza dei movimenti e a non spingersi contro il dolore». Simonetta racconta come – un paradosso – i primi ad accogliere la proposta siano stati proprio gli over 70, già esperti di Skype perché molti hanno figli all’estero.

Fare lo psicologo in tempo di coronavirus

Lavoro a distanza anche per molti psicologi che, come Elisabetta, psicoterapeuta di Terni, hanno dovuto trovare un modo alternativo per assicurare vicinanza e continuità al cliente: «La terapia online, ancor prima del virus, era una modalità molto utilizzata. La cosa importante è ricreare il setting, l’ambiente di terapia che faccia sentire a proprio agio il paziente». Ma come si fa a ricreare il contesto a distanza? «O il terapeuta si sposta nello studio così che il cliente riconosce l’ambiente, oppure si cerca dentro casa uno spazio scevro da stimoli esterni e quindi adatto» spiega. Così come altre attività, ricreare punti fissi in una situazione di caos può aiutare a non perdere di vista la realtà quotidiana: «Mantenere questa cadenza, settimanale o quindicinale, trasmette stabilità e crea punti fissi di riferimento».

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