Terni, il Pd: «Regione ferma sull’ospedale per 4 anni. Ora cerca di recuperare, ma male»

Riccardo Brugnetta del forum sanità provinciale del Pd interviene sul ‘Santa Maria’

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di Riccardo Brugnetta
Coordinatore del forum sanità Pd provinciale di Terni

Si susseguono a stretto giro i comunicati dell’azienda ospedaliera di Terni nel tentativo di rassicurare i cittadini e di arginarne lo scontento verso gli effetti delle delle politiche fallimentari della Giunta Tesei. Prima una discutibile nota del 5 marzo, pubblicata a fronte del peggioramento della classifica relativa alla valutazione annuale di Newsweek e di alcune lamentele dell’utenza, in cui si dichiarava improvvidamente che ‘nonostante l’ospedale di Terni sia perennemente in uno stato di sovraffollamento, la percezione dell’utenza relativamente alla interazione con il personale delinea un profilo di eccellenza’, citando i risultati di uno studio della Scuola Sant’Anna di Pisa.

Poi con un lungo comunicato del 6 marzo, più concreto, con vasta citazione di dati ma privo di confronti con periodi precedenti, in cui, ammettendo le difficoltà e la necessità che alcune misure – come la convenzione per l’utilizzo del presidio di Narni – vadano a regime, vengono citate le principali attività di alta complessità effettuate negli ultimi giorni. I due interventi sono transitati in un sistema della comunicazione contemporaneamente inondato da messaggi fumosi e contraddittori, in gran parte alimentati da una giunta regionale ormai consapevole che sulla sanità si gioca l’eventuale riconferma, che vanno da molto ipotetiche cliniche private con annesso nuovo stadio o un nuovo ospedale proposto da privati con la formula del project financing, senza alcun dibattito pubblico su come e dove ipotizzarne la costruzione o su quali risorse contare.

Sia ben chiaro, a parte questa fanta-sanità: nessuno mette in dubbio la capacità dell’azienda di rispondere alle sollecitazioni legate all’emergenza e all’alta specialità, vista la consistenza organizzativa costruita negli anni, la dedizione che il personale ha dimostrato e sta dimostrando dall’emergenza Covid in avanti e anche l’adozione di misure volte ad attenuare i disagi, ancorché tardive, da parte delle direzioni di Usl 2 e azienda ospedaliera, come rilevato in occasione della visita alle strutture con parlamentari e consiglieri regionali e comunali del Pd.

Si vuole solo sottolineare l’incapacità della giunta regionale di prevenire la tempesta, l’avere tenuto le organizzazioni, soprattutto quelle delle due aziende ospedaliere, ferme per quattro anni in attesa di un’intesa con Unipg per la nascita delle aziende integrate ospedaliero-universitarie, poi di fatto rimandata a data destinarsi; l’avere avviato disegni di privatizzazione attraverso scelte penalizzanti per le strutture pubbliche attive, come la verifica della rete ospedaliera regionale ex DM 70/2015 del dicembre scorso, fortemente legata alla creazione di posti privati convenzionati e all’ipotesi stadio-clinica.

Come già più volte rappresentato, la situazione è l’esito della rinuncia ad ogni forma di programmazione (se non dichiari e ti impegni è difficile confrontarsi, valutare…), ad una visione del servizio sanitario regionale come asset da liquidare a favore degli interessi del momento, generando consapevolmente difficoltà che ne mettessero in difficoltà, a turno, le varie parti. In sintesi per quattro anni e mezzo la Regione non ha fatto niente e ora, negli ultimi mesi di legislatura, cerca di recuperare in maniera piuttosto scomposta e confusa.

Un’ultima, concreta, notazione per rimanere sulle cose serie, da osservatori preoccupati e interessati dell’azienda ospedaliera: quest’ultima ha adottato il piano triennale del fabbisogno del personale 2024-2026 ed è in attesa dell’approvazione da parte della Regione Umbria. Il piano, anch’esso oggetto di interventi a stampa elogiativi, non prevede interventi significativi sulle risorse umane sanitarie che, a veder bene sono il principale dei punti di crisi dell’attuale fase, perché gravato dal vincolo di spesa assegnato all’azienda con deliberazione regionale del 2021 (n.581/2021), elaborata su dati spesa 2019.

Il piano stesso si conclude affermando ‘sarebbe pertanto auspicabile che in sede di programmazione regionale si potessero rivedere i criteri di assegnazione alle aziende del SSR del tetto di spesa determinato con alla DGR 581/2021’. Una domanda alla giunta regionale: perché, in attesa del superamento della normativa sui tetti di spesa del personale come richiesto dal Pd nazionale e con una proposta di legge depositata dal gruppo Pd in consiglio regionale, non procede all’aggiornamento del tetto alle singole aziende come previsto dal cosiddetto decreto ‘Calabria’, adeguando i tetti fermi ai dati del 2019?

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