Il fatto risale al maggio 2015 e aveva sconvolto una tranquilla serata tra amici, impegnati a vedere la finale di Coppa Italia tra Juventus e Lazio: il gatto di uno di loro, il padrone di casa, era stato afferrato da un vicino e poi ucciso dopo essere stato lanciato dalla finestra, al quinto piano di un condominio di Terni. A tre anni di distanza il presunto responsabile della morte dell’animale, un 43enne, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di uccisione di animali e minacce. Il processo è in corso di fronte al giudice Marco Di Tullio e in autunno dovrebbe giungere a sentenza con le modalità del giudizio abbreviato.
Le ‘giustificazioni’ A renderlo noto è l’Ente Nazionale Protezione Animali che, attraverso l’avvocato Claudia Ricci, si è costituito parte civile nel procedimento. Il povero micio, secondo quanto riferito dallo stesso imputato, sarebbe stato ucciso perché l’uomo non sopportava che il felino, girovagando per l’edificio, passeggiasse sul balcone del proprio appartamento. Come se ciò non bastasse, il 43enne avrebbe anche minacciato di morte il suo vicino, dicendogli che gli avrebbe fatto fare la stessa fine del suo gatto.
Rito alternativo «Restiamo in attesa che il giudizio con rito abbreviato chiarisca le responsabilità dell’imputato. Tuttavia – precisa l’avvocato dell’Enpa, Claudia Ricci – uccidere per rabbia e minacciare di morte sono comportamenti che denotano una preoccupante mancanza di consapevolezza da parte chi li pone in atto. Essi dimostrano infatti che il loro autore non è in grado di valutare le effettive e reali conseguenze delittuose delle proprie azioni. In altri termini: non ci sarebbe percezione dell’evento-morte. Per questo – conclude il legale – si auspica che nell’eventuale sentenza di condanna si tenga conto di comportamenti dell’imputato che destano preoccupazione e allarme sociale».