Terni, l’ITT: «Siamo ripartiti ma quanto è difficile»

Intervista alla preside dell’Allievi-Sangallo, Cinzia Fabrizi. «Non semplice monitorare i sintomi ora, figuriamoci d’inverno. Tensione c’è ma non serve»

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di F.T.

Prima settimana di scuola post-ripartenza in archivio. Con la preside dell’ITT ‘Allievi-Sangallo’ di Terni, Cinzia Fabrizi, abbiamo stilato un primo bilancio della ripartenza. Dalle sue parole emergono tutte le difficoltà e le complessità di una situazione lontana dalla normalità a cui eravamo abituati, ma anche la necessità di andare avanti con impegno per garantire un servizio fondamentale sul piano formativo e sociale. Nonostante tutto e nella speranza che certe necessità scompaiano con il passare del tempo o, in qualche modo, ci si abitui rendendo tutto più ‘normale’.

Allora preside Fabrizi, com’è andata questa prima settimana di scuola?

«Sul piano organizzativo abbiamo attutato tutte le misure previste dal protocollo. A partire dall’incremento delle vie di accesso e di uscita. Nella scuola c’è distanziamento ed i percorsi sono piuttosto brevi. All’esterno, invece, sia all’ingresso che all’uscita gli assembramenti ci sono ed in molti casi i ragazzi non portano le mascherine, che poi indossano puntualmente all’interno. Ma questo, devo dire, mi sembra accada in giro un po’ ovunque. Sul piano formativo si sta ovviamente attuando una didattica molto frontale, ‘vecchio stile’, stante l’impossibilità degli studenti di muoversi e quindi partecipare, come avveniva in passato, a gruppi di lavoro ed altre attività. In questo senso siamo vincolati anche se proveremo ad individuare format più dinamici, nel rispetto delle regole».

Cinzia Fabrizi

Le nuove disposizioni anti Covid hanno aumentato il lavoro vostro, dei docenti e degli uffici?

«Sì e basti pensare che spetta alla scuola monitorare tutte le motivazioni relative alle assenze dei ragazzi. Abbiamo un giovane positivo al virus, ma che si trovava in tale condizione già prima dell’inizio dell’anno scolastico, quindi nessuna misura si è resa necessaria. Abbiamo poi dei ragazzi a casa perché in attesa di effettuare il tampone, altri assenti per motivi di salute diversi dal coronavirus ed altri ancora perchè, magari, un familiare è positivo. Cosa comporta il controllo puntuale delle motivazioni delle assenze? Con 950 studenti si può facilmente immaginare il lavoro richiesto agli uffici, anche se il personale di segreteria a disposizione non è aumentato».

Anche voi registrate carenze organiche?

«Mancano le nomine di alcuni docenti che non sono state completate. Oltre a ciò, per quello che attiene i collaboratori scolastici, siamo sotto organico. Su un totale assegnato di 18 unità, ne abbiamo a disposizione soltanto 12. Comuque i posti carenti dei collaboratori dovrebbero essere coperti entro la prossima settimana: sabato mattina l’Ufficio scolastico ha fatto alcune nomine e nei prossimi giorni ne potremo fare altre a livello di singola scuola».

Cos’altro è cambiato per voi con il Covid?

«Tutte le procedure previste, creano un appesantimento notevole delle attività amministrative e didattiche. Facciamo tutto ma non è affatto facile. Basti pensare al tracciamento che riguarda docenti, studenti, personale, addetti alle pulizie. Ad esempio la procedura Covid scatta non appena una persona presenta dei sintomi. Qui da noi, nella prima settimana, è già accaduto per due studenti che avevano tossito o starnutito. I docenti devono individuare questi sintomi durante le lezioni, portare lo studente nella stanza Covid e lì isolarlo, chiamare i genitori e farlo venire a prendere, registrare la situazione. Tutto ciò non è semplice e va a condizionare il resto, didattica compresa. Se il sintomo da monitorare fosse solo quello febbrile, ad esempio, la situazione sarebbe più semplice da gestire. Ma non è così ed alla scuola sono stati attribuiti tanti compiti pesanti e difficili. Senza dimenticare che i docenti nelle classi si alternano, la stagione autunnale deve ancora iniziare ed anche il ‘controllo’ dei sintomi non è poi così scontato e naturale. Spesso e volentieri si usa il buonsenso, ma non può essere il criterio giusto visto la sua variabilità da persona a persona».

Oltre a quanto detto, la didattica come verrà organizzata in situazioni di ’emergenza’?

«L’ipotesi che alcuni studenti, nel corso dell’anno, debbano seguire le lezioni da casa in quanto isolati o malati, è più che plausibile. Avremo ragazzi costretti a casa per un periodo minimo di tre giorni, perchè isolati per contatti con altri Covid+ e in attesa di accertamento, e ovviamente anche di più, visto che non ci sarà solo il coronavirus ma pure la ‘banale’ influenza. Far perdere ore di lezione significa lasciarli indietro. Per questo come scuola stiamo approntando la documentazione per un piano incentrato sulla didattica digitale che consenta agli assenti di collegarsi in videoconferenza con la classe e seguire l’attività didattica. È una opportunità che vogliamo dare, ovviamente compatibilmente con le condizioni di salute di ciascuno».

 

Considerando che è trascorsa solo la prima di trentatrè settimane di scuola, non sembra la migliore situazione possibile.

«La complessità organizzativa è molto forte. Non va poi dimenticato che sono partite anche le attività di recupero, moltiplicate dal fatto che l’anno scorso abbiamo dovuto promuovere tutti, anche le persone con più insufficienze. Così in alcune classi ci sono ragazzi che non hanno i pre-requisiti per affrontare il programma dell’anno in corso. Oltre a quelli già effettuati online, ora abbiamo così anche i corsi di recupero per tutte le materie dell’anno passato».

Come dirigenti scolastici, dal lockdown di marzo ad oggi, vi siete sentiti mai abbandonati dall’istituzione?

«Nel tempo, come dirigenti, abbiamo evidenziato quelle che a nostro giudizio erano le criticità dei protocolli. Da un lato, lasciare ampi margini alle scuole significa caricare di grandi responsabilità gli istituti e chi li dirige e amministra. Come nel caso dell’individuazione delle sintomatologie che, con l’arrivo dell’inverno, sarà una procedura affatto semplice. Fra dirigenti scolastici, anche a Terni, c’è stata una collaborazione non solo formale ma sostanziale. Il punto è che ogni istituto ha le proprie caratteristiche e ciascuno, poi, ha preso le proprie decisioni in accordo con il collegio dei docenti. Il coordinamento con l’Ufficio scolastico regionale è sugli aspetti più generali. C’è da dire che nella scuola ci sono più figure impegnate, come l’Rspp, la commissione sicurezza, per cui non mi sono sentita sola nell’affrontare la complessità, anche grazie ai docenti, al personale amministrativo, assistenti tecnici e collaboratoti scolastici. Ecco, c’è stato certamente un lavoro corale, di ‘squadra’, fortissimo».

Fra gli insegnanti, serpeggia il timore di contrarre il virus? Come viene gestita tale eventualità?

«Fra i docenti registriamo sensibilità diverse. Alcuni, ad esempio, sono molto preoccupati e, certo, anche l’uso continuo e obbligato della mascherina non contribuisce ad allentare la tensione. Alcune preccupazioni, però, mi sembrano a volte esagerate. Aver paura di toccare un foglio passato da uno studente, quando ogni giorno tocchiamo i soldi contanti per dire, è un po’ un paradosso. Come scuola abbiamo deciso di attenerci ai protocolli senza inserire ulteriori regole. C’è già abbastanza tensione e nervosismo per questo stato di cose e ‘normare’ ancora di più determinate situazioni, spesso particolari, crediamo non serva. Ci sembramo sufficienti le misure di distaziamento e igiene attualmente in essere. Il dubbio, semmai, è se fra tutte queste misure si riuscirà a pensare anche alle lezioni e all’apprendimento».

Insomma, è appena iniziato un anno in trincea.

«Un anno difficile. Riaprire le scuole è stato doveroso e importante, valutando realisticamente i comportamenti indispensabili e pure i rischi. Se seguiamo i nostri medici, i loro consigli, le regole relative a mascherine, distanziamento, igienizzazione, direi che possiamo farcela. Anche le stesse terapie per il Covid, rispetto alla scorsa primavera, mi risulta stiano avendo risultati apprezzabili. Convivere con il virus significa anche essere consapevoli che una dose di rischio c’è, accettandola. Perché altrimenti, oltre che con il Covid, dovremo fare i conti con tensioni e nervosismi che non portano da nessuna parte».

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