di Francesca Torricelli
Quando si parla di musica elettronica e grandi eventi notturni, le immagini che spesso affiorano sono quelle legate agli eccessi: confusione, degrado, consumo incontrollato di alcol e sostanze. Ma cosa succede davvero dentro, e fuori, questi luoghi? E soprattutto, cosa possiamo imparare da ciò che vediamo? A porsi queste domande è il dottor Giulio Trivelli, sociologo e psicologo clinico esperto in disagio giovanile e dipendenze, che all’alba del 1° maggio ha deciso di andare davanti al PalaTerni, dove si stava concludendo ‘Hangar29’, una maratona di musica hard techno durata dalle 22 del 30 aprile alle 7 del mattino seguente.
Non è riuscito a entrare, non gli è stato permesso, ma si è fermato fuori, osservando, ascoltando, parlando con chi usciva. E ciò che ha trovato lo ha colpito. «Mi aspettavo il solito clima teso e aggressivo che in passato ho visto davanti ad altre discoteche ternane. Invece no, ho trovato un’atmosfera serena, quasi amichevole. I ragazzi parlavano tra loro, erano gentili, cordiali. C’era una vibrazione di felicità». Molti dei partecipanti non erano ternani. «C’erano giovani arrivati da Roma, dalla Toscana, qualcuno parlava tedesco. Tutti mi hanno detto che il posto era piaciuto molto. Alcuni lo hanno paragonato allo ‘Spazio 900’ di Roma, sottolineando quanto si fossero sentiti sicuri e a proprio agio».
Ma Trivelli non si limita alle impressioni positive. «È chiaro che il consumo di sostanze era presente. La maggior parte dei ragazzi con cui ho parlato era sotto effetto di MD, e più d’uno ha menzionato la cocaina. Interessante notare come a Terni, oggi, sia molto più facile trovare cocaina che hashish di qualità, mi hanno detto». Il tema delle droghe, per chi lavora nel suo campo, è inevitabile. Ma la riflessione che propone è diversa dal solito moralismo. «È banale dire che la droga fa male. Il punto è che il fenomeno è talmente diffuso da essere ormai fuori controllo. Fingere che non esista o pensare di poterlo azzerare è ingenuo. Serve un cambio di prospettiva, bisogna iniziare a parlare di contenimento del danno».
E spiega cosa intende: «C’erano ragazzi all’uscita che avrebbero avuto bisogno di idratazione, di magnesio, di potassio. Non parlo solo dell’ambulanza di rito, ma di presidi specifici, di personale qualificato che possa offrire un’assistenza mirata. Se decidiamo di permettere che certi eventi si tengano, allora dobbiamo anche prevedere strumenti reali per tutelare chi partecipa. Non possiamo più limitarci a voltare lo sguardo dall’altra parte». A fare la differenza, osserva infine Trivelli, è stato forse anche il pubblico. «Non c’erano ragazzini allo sbaraglio, ma persone adulte, che frequentano questi eventi da anni. Ed è forse per questo che si è creata quella strana, positiva energia che ho percepito. Un segnale, forse, che c’è un altro modo di vivere la notte. Ma servono strumenti adeguati per non lasciare soli quelli che ci provano».
Il PalaTerni si trasforma in discoteca e accoglie ‘Hangar29’. Nel segno della techno