Terni, non si arresta la fuga di negozi dal centro cittadino

Nuovi trasferimenti a Cospea Village, intanto è turnover continuo in corso Tacito

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di Federica Liberotti

«Perché abbiamo scelto di trasferirci? Inevitabile, la ztl chiusa h24 qui in centro ci penalizza. Invece stare in un centro commerciale, nel caso del Cospea Village non gigante e dunque non caotico, ci permette non solo di avere più spazio a disposizione, ma anche di essere più facilmente raggiungibili dai nostri clienti, anche da chi viene da Rieti o Viterbo». Anna Rita Campa, una delle proprietarie di Koti Revolution Design, negozio di articoli per la casa di via Goldoni, a Terni, spiega in poche ma chiare parole la decisione di lasciare, a breve, il centro città per spostare l’attività nel centro commerciale della prima periferia. Una scelta che, dunque, negli ultimi tempi accomuna non solo le grandi catene (vedi i precedenti di Pittarosso, Tally Weijl, Doppelgänger e Piazza Italia), ma anche le attività più piccole.

Numeri in continua discesa

«In centro manterremo comunque il punto vendita aperto recentemente in corso Vecchio. Lì vendiamo candele, oggetti che per tipologia e poco ingombro si prestano di più ad essere venduti in centro» precisa la negoziante. Tra trasferimenti e chiusure definitive, l’esodo dal centro città è comunque testimoniato anche dalle statistiche: stando alle elaborazioni dell’ufficio studi di Confcommercio, il numero delle imprese commerciali attive nel centro storico di Terni è sceso gradualmente dalle 378 del 2008 alle 364 del 2016, alle 334 del 2019 (ultima annualità disponibile). E il Covid non ha di certo migliorato la situazione, tutt’altro, lasciando vuoti nuovi spazi, anche in vie centralissime come appunto via Goldoni oppure corso Tacito, corso Vecchio, via Roma.

Continui spostamenti

Ed infatti un altro metro per misurare l’entità del problema è la mole di annunci di locali in affitto: sono 96 quelli pubblicati su uno dei più noti siti di compravendite immobiliari, con prezzi che vanno dai 200 euro per un locale di 20 metri quadrati in via Carrara, ai 5.200 per uno di 180 e otto vetrine in via I Maggio. Poi ci sono gli annunci con trattativa riservata, per un paio di locali di grandi superfici, tra cui gli oltre 2 mila metri quadri di palazzo Briganti, lasciati vuoti a metà febbraio dalla catena Piazza Italia. Sempre in tema di affitti, sempre più spesso chi decide di ‘resistere’ e proseguire la propria attività in centro città, cambia però location: lo dimostra il continuo turnover da un locale all’altro per trovare spazi, in molti casi, economicamente più ‘sostenibili’. Betti Oliva, Yamamay, Kasanova alcuni degli esempi di attività che si sono spostate solo di qualche decina di metri. Negli spazi lasciati vuoti proprio da Kasanova aprirà invece a breve un temporary store.

Il punto di vista di Confcommercio

«La capacità attrattiva della città, ereditata dai secoli precedenti, si è andata via via dissolvendo, delineando un declino urbano giunto al punto di risultare irreversibile se non affrontato seriamente nell’immediato futuro» commenta Maria Bruna Fabbri, coordinatore per la Confcommercio Umbria delle sedi del comprensorio ternano. «Un contributo significativo a questo processo involutivo – prosegue – è stato dato anche da una politica miope e dissennata, consolidatasi negli anni, anche a seguito della applicazione della famigerata ‘direttiva Bolkstein’, legata ad una progressiva disseminazione di centri della grande distribuzione. Le logiche sottese a tali processi risultavano e risultano tutt’oggi improntate unicamente a garantire alle casse dell’amministrazione locale i modesti gettiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione e, soprattutto, ad assecondare le spinte provenienti da operatori immobiliari. Si è innescata così una competizione al ribasso che ha coinvolto larga parte dei piccoli operatori, i quali nel loro progetto imprenditoriale hanno riversato i loro investimenti e che viceversa si ritrovano ad operare in un mercato altamente concorrenziale, anche a seguito dello sviluppo delle grandi piattaforme del commercio online, del tutto privo di qualsivoglia forma di tutela, stretti dalla necessità di corrispondere alla proprietà canoni di locazione e costi gestionali sempre più elevati. Ne è prova evidente – afferma Maria Bruna Fabbri – l’elevato turnover che si registra in larga parte dei centri commerciali, così come il fenomeno emergente di delocalizzazione di un numero crescente di attività commerciali del centro storico verso gli ‘shopping mall’ o verso gli edifici circostanti. Ma un simile fenomeno, anch’esso spontaneo, se dal punto di vista dell’operatore risulta razionale ai fini del contenimento dei costi (di locazione e gestione) dal quale può dipendere la sopravvivenza della propria attività, risulta viceversa lesivo ai fini delle dinamiche di rigenerazione urbana. Come Confcommercio siamo convinti che occuparsi del sistema urbano, quindi delle città, significhi occuparsi di uno dei fattori sempre più determinanti ai fini dello sviluppo economico e sociale su scala regionale».

Maria Bruna Fabbri

«Serve integrazione»

«Per rendere Terni attrattiva – secondo la Fabbri – c’è bisogno di innovazione in un contesto di rete: cultura, nuove professioni, enogastronomia (anche a Km 0), aziende creative, innovazione ed Ict. Questa – prosegue – è l’economia che deve svilupparsi dentro la città. I servizi commerciali di prossimità non si rilanciano con politiche settoriali: il commercio urbano può rigenerarsi e tornare competitivo se si ripensa in chiave integrata tra più funzioni e servizi. L’offerta commerciale se vuole vincere, non compete infatti solo sul prezzo ma si ibrida con altri settori e si integra sempre più con una componente di servizio e di valore aggiunto che rappresenta un concreto vantaggio competitivo dei centri urbani. Nella nostra città, l’attuale quadro di criticità nel governo degli insediamenti e dei servizi commerciali dipende soprattutto da una prolungata mancata integrazione tra regolazione del commercio, pianificazione urbanistica e dal difficile equilibrio nella pluralità distributiva. A nostro avviso – conclude la rappresentante di Confcommercio – è altrettanto necessario aprire a Terni una nuova stagione per le azioni di rigenerazione urbana che abbiano come presupposto l’attivazione di nuove relazioni tra politiche pubbliche e azioni private che non possono più limitarsi all’attività di animazione commerciale».

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