L’iniziativa della Corte dei conti, che ha chiesto al sindaco Di Girolamo di fornire una «dettagliata e documentata» relazione sui costi di palazzo Spada, visto che si arriverebbe ad ipotizzare un «presunto danno» al quale avrebbero contribuito le spese per i consigli comunali, ha riproposto con virulenza il tema dei costi della politica, già emerso nei mesi scorsi. E il sindaco ha deciso di dire la sua.
Di Girolamo «I costi della politica – dice Leopoldo Di Girolamo – sono un problema che va affrontato con serietà, senza strumentalizzazioni e ambiguità. Come sindaco dall’inizio di aprile 2012 ho rinunciato alla quasi totalità dell’indennità, lasciando una piccola quota che devolvo come libero finanziamento al partito di appartenenza. Questa scelta ha prodotto fino ad ora risparmi per l’ente per 200 mila euro. Sulla vicenda dei costi del consiglio comunale è opportuno specificare in maniera chiara che questi non dipendono dal sindaco e non ne risponde il sindaco».
La polemica Secondo il sindaco, però, «non si può agitare in continuazione il tema dei costi della politica, soffiare sul fuoco e poi non lavorare per ridurli. Tutte le forze politiche presenti in consiglio dovrebbero dare il loro apporto, sia per contribuire all’approvazione di atti che portino ad un’effettiva diminuzione della spesa per le indennità e i gettoni di presenza, sia consentendo all’assemblea e alle commissioni di lavorare in maniera snella e spedita, con un numero di atti equilibrato, incentrato su temi essenziali e di interesse della città. Così come è fondamentale che le commissioni non siano ingolfate di atti, di audizioni, di attività e ruoli a volte dilatati».
L’affondo Di Girolamo, poi, decide di andare dritto al sodo: «Ho sempre avuto massimo rispetto per il ruolo fondamentale del consiglio comunale, per il suo apporto essenziale nell’ambito del governo della città, della vigilanza e del controllo, ma occorre che da parte di tutti ci sia una assunzione di responsabilità. La politica, i rappresentanti dei cittadini, non possono permettersi un giorno di invocare austerità e rigore per poi disattenderli. Non si può quando ci si rivolge alla piazza chiedere tagli e risparmi sul funzionamento degli organi elettivi e poi, quando questi tagli arrivano o si paventano, contestarli e non dare il proprio contributo per velocizzare il tutto. Di mezzo ne va la credibilità della politica nel suo complesso, compreso chi si è annunciato come elemento di novità e cambiamento ma poi una volta nel Palazzo si è ben immedesimato in quelle logiche e comportamenti che a parole si vorrebbero cambiare». Mi sa che le repliche non mancheranno.