Una lettrice di umbriaOn, nei giorni scorsi, ha raccontato il suo calvario durante un ‘passaggio’ al pronto soccorso dell’ospedale di Terni. Giorgio Parisi, direttore della struttura, ha voluto replicare per spiegare le problematiche in essere e chiedere scusa per l’accaduto.
di Giorgio Parisi
Direttore Sc pronto soccorso, accettazione e osservazione breve del ‘Santa Maria’ di Terni
Gentile redazione, in merito alla recente notizia pubblicata sul vostro quotidiano desidero condividere con Voi e con la signora coinvolta alcune considerazioni che, spero, rendano più chiaro il ruolo e le funzioni della struttura da me diretta e fare anche chiarezza su alcune tematiche venute alla ribalta negli ultimi tempi.
Il Pronto Soccorso della nostra città accoglie ogni anno circa 43 mila utenti ed in esso, facente parte di un DEU di secondo livello, vengono compiuti interventi diagnostico-terapeutici e di stabilizzazione e cura del paziente, anche di alta complessità. Nel corso degli ultimi anni, per una serie di molteplici motivi (professionalità, organizzazione, capacità di risposta “più rapida e di maggiore qualità” rispetto ad altri ospedali limitrofi, anche extra regionali) questa struttura ha visto aumentare considerevolmente il bacino di utenza e la richiesta di ricovero da aree territoriali vicine o lontane che invece hanno un proprio presidio ospedaliero di riferimento.
Nel corso degli anni, purtroppo, si è sviluppata anche una cultura basata su un modello di risposta esclusivamente ospedaliero (Pronto Soccorso), una debolezza del sistema di organizzazione territoriale (non clinica!) con scarsa possibilità di soluzioni assistenziali alternative al ricovero,la medicina difensiva, l’aumento della percentuale di pazienti che “saltano” i presidi ospedalieri di riferimento e si rivolgono a noi con patologie “preconfezionate” e che necessitano realmente di un ricovero, fattori contingenti come traumi, incidenti stradali che coinvolgono più feriti, le intossicazioni alimentari che coinvolgono più persone e, soprattutto, si sono accentuati aspetti di tipo epidemiologico/demografico, cioè invecchiamento generale della popolazione con aumento delle comorbidità e aumento delle richieste di ricovero (i dati epidemiologici indicano che Terni è ai primi posti in Italia per numero di anziani residenti e con maggior grado di dipendenza).
Questa perciò è la “via Fratini” che un utente ternano trova quando entra nel Pronto Soccorso della sua città (per ricaduta questa è anche la “Via Fratini” che si trova nei corridoi di degenza). Quello che salta immediatamente all’occhio, e la signora lo ha bene evidenziato, è la sala d’attesa troppo piccola ed obsoleta con un numero esiguo di personale sanitario (motivato ma spesso anche molto stanco), che corre da una parte all’altra del Pronto Soccorso per la notevole mole di lavoro e per garantire un’assistenza degna di tale nomea tutti coloro che ne hanno bisogno.
Quando si arriva al triage trovate un infermiere selezionato, laureato e specializzato che attribuisce ad ognuno un codice di priorità di accesso alla visita. Non tutti possono diventare triagisti; viene richiesta una grande capacità tecnica e relazionale in contesti di elevata criticità ma soprattutto un carattere impavido ed una capacità innata alla resistenza fisica ed allo stress psichico soprattutto quando si deve gestire contemporaneamente la sala d’attesa, gli ammalati gravi, i prepotenti, gli ansiosi, i violenti, i maleducati, quelli che ostentano titoli per passare per primi e tanto altro.
Nel caso della paziente, dopo la valutazione “alla porta”, l’anamnesi e l’esame obiettivo con il rilievo dei parametri vitali e con un ecg negativo, l’infermiere, come sempre, assumendosi tutte le responsabilità, le ha giustamente attribuito il codice colore più idoneo. Il medico poi ha deciso se effettuare i prelievi o meno. Certo, comprendo che l’elemento umano e relazionale, che talvolta viene a mancare negli operatori in situazioni di fortissimo stress, per i motivi di cui sopra, è ciò che può maggiormente disturbare una persona che, evidentemente, non si è recata al Pronto Soccorso per il suo piacere personale. Di questo mi scuso a nome di tutto il personale.
Desidero tuttavia puntualizzare che la Direzione Generale è al corrente di tutto ciò che succede e di tutto ciò che è successo e dal momento del suo insediamento ci sta “mettendo la faccia”, insieme alla mia, per trovare le migliori soluzioni nel breve e nel lungo periodo in termini di logistica, personale, organizzazione e formazione, al fine di offrire un’assistenza migliore sotto ogni punto di vista.