Terni: «ThyssenKrupp e decrescita felice»

Marco Cecconi (FdI-An): «Mentre la Marini rassicura le multinazionali, loro investono e verticalizzano in quella parte d’Europa che sa fare gli interessi nazionali»

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Marco Cecconi

di Marco Celestino Cecconi
Consigliere comunale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale a Terni

Mentre la Marini assicura al ‘Comitato per le multinazionali’ di Confindustria che la Regione è prontissima a fare di tutto e di più (saranno secoli che lo va dicendo) “per accrescerne la presenza in Umbria”, in quella stessa sede i vertici ternani di Thyssenkrupp ricordano alla presidente che siamo ancora parecchio indietro sull’abc, ovvero che “è fondamentale predisporre le condizioni di contesto più favorevoli”, a cominciare (guarda un po’) dal calvario delle infrastrutture, dall’irrisolta questione dell’energia e dalle promesse agevolazioni pubbliche.

Mentre tra Terni e Perugia il governo della città e quello regionale si crogiolano nell’attesa messianica delle prebende di Stato intercettabili con la dichiarazione del nostro territorio come area di crisi complessa – prebende che dovrebbero persino riuscire nel miracolo di attrarre nuovi investimenti – proprio la ThyssenKrupp va ad investire 35milioni di euro in Ungheria per realizzare un’aziendina da 250 dipendenti per 20mila metri quadri di impianti: componentistica per l’automotive (molle elicoidali e stabilizzatori), alla faccia di quella verticalizzazione delle produzioni connesse alla filiera dell’acciaio che a Terni sempre i soliti tirano fuori per darsi un tono quando cercano di evocare un futuro che sono incapaci di promuovere e costruire.
500 ingegneri in un centro di ricerca a Budapest per sviluppare soluzioni-software impiegabili dall’industria automobilistica; una fabbrica a Gyor già dal 2013 per l’assemblaggio di assi anteriori e posteriori per i veicoli Audi; un altro impianto (2016) sempre dalle parti della capitale ungherese per costruire altri componenti per motori e telai.

La Thyssenkrupp, insomma, investe e verticalizza dove gli pare, ovvero in quella parte d’Europa che sa fare gli interessi nazionali molto ma molto meglio di noi e in quei territori che si rendono attrattivi non solo a chiacchiere: mentre a Terni si inquina (sì, no, solo un pochino) nel solito silenzio omertoso delle istituzioni locali, mancano le materie prime, l’organico è in rosso, gli operai sono in sciopero, le linee vengono bloccate a singhiozzo e gli obiettivi e gli accordi valgono meno di niente, anche grazie al solito silenzio omertoso di cui sopra.

Parigi brucia: ma qui il governo del territorio manca di visione e strategia, schiavo di se stesso e incapace di agire, quasi avesse fatto proprio il mantra grillino della ‘decrescita felice’. Per rendere attrattivo il nostro territorio quanto Gyor o Budapest, siamo in ritardo di decenni e non ci sarebbe stato alcun bisogno di crisi complesse.

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