Una sentenza che, in sintesi, accoglie un’omologa del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore. A firmarla è il giudice Francesca Grotteria del tribunale di Terni in seguito al ricorso presentato da un 40enne nell’ambito di una pocedura di sovraindebitamento: ‘tagliata’ così una cifra di poco superiore ai 100 mila euro.
La ragione
Un iter che ha coinvolto Credit Factor Spa, ViviBanca Spa, Agenzia delle entrate e anche il Comune di Narni tra osservazioni presentati e decreti di ammissione. «Si rileva – la puntualizzazione nella sentenza – come l’origine del sovraindebitamento sia da ascrivere specificamente alla contrazione di obbligazioni per scopi estranei alla attività lavorativa svolta dal ricorrente, lavoratore dipendente a tempo indeterminato, che, nel corso degli anni, ha contratto debiti per motivi personali e familiari al di fuori di qualsivoglia attività professionale, produttiva o commerciale». In più «lo stato di sovraindebitamento non può ritenersi cristallizzato in un momento particolare, fotografato ai fini dell’accertamento del grado di colpa del debitore, ma va letto nel suo sviluppo dinamico, in relazione ai molteplici fattori che caratterizzano sovente l’ingresso del consumatore in detta condizione». Tutto a causa di un acquisto immobile destinato a prima abitazione nel 2010 con contrazione di un mutuo ipotecario da 80 mila euro. Poi problemi vari, impossibilità di sospensione e bene venduto all’asta. Nel corso del tempo è stato azionato il titolo esecutivo da parte della banca per un credito residuo da 111 mila euro. Tuttavia complessivamente – considerando tutto – l’esposizione debitoria del ricorrente era di 164 mila euro a fronte di un reddito annuale netto di 21 mila euro, tra l’altro ridotto per la cessione del quinto stipendiale e di un pignoramento del quinto: «È pertanto evidente, sulla base del raffronto tra attivo a disposizione ed ammontare dei debiti come ricorra nella fattispecie la situazione di crisi, se non di insolvenza, in capo all’odierno ricorrente».
Esito positivo
Il tribunale ha dato il via libera perché le «condizioni socio-economiche del ricorrente a permettere di affermare la concreta fattibilità del piano». Ammissibilità giuridica verificata, così come la fattibilità: «Deve espressamente disporsi la cessazione del prelievo ‘coattivo’ dallo stipendio mensile dal medesimo percepito, in quanto incompatibile con la presente statuizione di omologa». Con tanto di disposizione di stop ad azioni cautelari od esecutive sul patrimonio del debitore. A difendere il 40enne ci ha pensato l’avvocato Debora Castellani, mentre il professionista nominato in qualità di Occ – Organismo di composizione della crisi, imparziale e indipendente – è il collega Matteo Mandò: «Una sentenza che dimostra che il problema del debito si può risolvere, non si deve mollare anche quando la situazione sembra critica», sottolinea in merito Castellani.