Maltrattamenti andati avanti dal giugno del 2024 fino all’arresto del compagno. Fatti di minacce, violente percosse – anche di fronte ai figli minori della donna -, pedinamenti, ma anche l’obbligo di consegnare a lui tutte le sue password. Per spiarla, controllare ogni aspetto della sua vita privata, ogni contatto. Condotte che, finite all’attenzione della squadra Mobile della questura e quindi della procura di Terni – nella persona del pm Marco Stramaglia – sono sfociate in accuse circostanziate e quindi nel processo con rito abbreviato che, di fronte al tribunale di Terni – giudice Barbara Di Giovannantonio – ha portato alla condanna dell’uomo, 29enne ternano, a tre anni e due mesi di reclusione per maltrattamenti. La decisione, anticipata dalla richiesta di una pena, da parte dell’accusa, pari a tre anni e otto mesi, ha visto riconosciuta l’equivalenza delle attenuanti generiche alla recidiva e all’aggravante di aver commesso il fatto in presenza di minori. Vittima, l’ex compagna 36enne, anche lei residente a Terni e originaria di un comune limitrofo.
Secondo quanto riportato in aula dall’accusa, la pesante vicenda si sarebbe sviluppata attraverso diversi episodi. Si parte dalle offese, irriferibili, e dalle minacce, anche di morte, verso la donna e i suoi figli. Alla base, un concetto: «Tu sei mia». E guai a metterlo in discussione. Poi le minacce e le percosse, per ribadire chi è che comandava, per costringerla a preparare i pasti e a mettere a posto la casa. Violenze con conseguenze fisiche e soprattutto psicologiche. Come quando – stando alle denunce – le aveva scattato foto mentre la colpiva: «Non ho paura di andare in carcere». Poi, proprio in seguito all’indagine scaturita, in carcere ci è andato davvero. In un caso l’aveva afferrata per i capelli e trascinata fino a quando lei non lo aveva implorato di smettere. Poi ci sono i controlli, oppressivi e continui, alla vita della donna. Che quando usciva di casa con le amiche, a volte veniva raggiunta dal compagno e costretta a rientrare. Anche telefono e social, come detto, erano monitorati direttamente: lui doveva avere tutte le password.
Nel contesto della sentenza, il tribunale ha anche disposto una provvisionale di 5 mila euro che il 29enne dovrà versare alla donna, parte civile attraverso l’avvocato Alessia Modesti, con il restante risarcimento che dovrà essere stabilito in sede civile. Per l’uomo, difeso dall’avvocato Francesco Mattiangeli che ha presentato istanza per la sua scarcerazione, ora la prospettiva è quella del giudizio d’appello: «Valuteremo se proporlo o meno – afferma il legale – anche alla luce delle possibilità sancite dalla riforma Cartabia nel caso in cui la sentenza non venisse impugnata».