di Marco Torricelli
Che la faccenda sia delicata lo si capisce dal silenzio. Troppo silenzio. Perché solo quello si registra dopo la notizia, anticipata da umbriaOn nella serata di venerdì, della pesante iniziativa della Provincia di Terni nei confronti della più grande azienda operante in Umbria, la Tk-Ast.
La diffida Perché quello che è successo si può tranquillamente sintetizzare così: se entro la fine di giugno la multinazionale non dirà cosa vuol fare delle scorie di lavorazione che attualmente finiscono nella discarica di Valle – in media oltre 30 mila tonnellate al mese – potrebbero essere rivalutati tutti i parametri presi in esame durante l’ultima valutazione di impatto ambientale (Via), fino a mettere in discussione l’autorizzazione integrata ambientale (Aia) che, di fatto, è il documento che permette a qualsiasi azienda di lavorare. Senza quello, semplicemente, si devono fermare gli impianti.
Il silenzio La Provincia tace – umbriaOn ha provato a chiedere lumi al presidente e sindaco Leopoldo Di Girolamo, ma senza successo – e l’azienda non è da meno. Ma su questa delicata questione – soprattutto in piena campagna elettorale per le elezioni regionali – nessuno sembra voler rischiare. Mentre negli ultimi cinque anni – il rinnovo della concessione dell’autorizzazione integrata ambientale risale al 2010 – a strepitare sono stati in parecchi.
Le polemiche Senza strepiti, invece, pare che Ast – soprattutto da quando è arrivata Lucia Morselli – abbia più volte fatto presente al Comune di Terni che non poteva ignorare il fatto che buona parte delle criticità presenti nell’area di Valle derivano, anche – questa sarebbe la posizione aziendale, espressa pure nella conferenza dei servizi di marzo scorso – anche dalla situazione ereditata e derivante dalla gestione della discarica Rsu, comunale. Ma non solo.
Le scorie Perché – ovviamente si tratta di indiscrezioni tutte da verificare – un’altro motivo di ‘frizione’ deriverebbe dal progetto a cui fare riferimento per il recupero delle scorie: con il mondo istituzionale ed economico locale che avrebbe a più riprese fatto presente ad Ast che essendocene uno ‘locale’, era opportuno che a quello di facesse riferimento; mentre l’azienda preferirebbe – Morselli lo avrebbe detto chiaro alla presidente Marini – essere lasciata libera di decidere senza condizionamenti.
Gli intrecci Ma la faccenda sarebbe, addirittura, più complicata: la ‘rivoluzione’ che l’ad di Ast sta operando ai vertici del management locale, infatti, potrebbe non essere motivata solo dalle due inchieste ‘acciaio d’oro’ e ‘do ut des’ che lo hanno visto coinvolto. Ma ci sarebbe molto di più e, soprattutto, molto di questo ‘di più’ sarebbe riferito ad anni precedenti all’arrivo a Terni di Lucia Morselli ed ai rapporti che sarebbero intercorsi tra alcuni dirigenti e ambienti – i più diversi – esterni allo stabilimento. L’impressione è che la ‘diffida’ potrebbe essere solo l’inizio di una serie di sorprese. Non per tutti gradevoli.