Travaglio: «Bandecchi emblema dei nostri tempi. Umbria amministrata male»

Il direttore de Il Fatto Quotidiano a Perugia per Encuentro dà i voti alla politica nostrana

Condividi questo articolo su

Alla fine l’ultima parola spetta sempre agli elettori. È una verità sacrosanta, pericolosa da dimenticare in politica. Vale per Terni, dove l’elezione di Stefano Bandecchi a sindaco ha stupito molti e ha lasciato uno strascico di polemiche sul personaggio prima che sul politico. Se è stato eletto, c’è però chi lo ha votato. Vale per le prossime elezioni regionali, con la destra che si ‘nasconde’ dietro la ricandidatura della Tesei e la sinistra che si vuole unire, mandando avanti – forse – un candidato unico. Se ci sarà bisogno o no di cambiamento, lo deciderà il popolo umbro. Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, quando parla non passa mai inascoltato e inosservato. È andato a Perugia durante il festival sulla cultura spagnola Encuentro per presentare il suo libro ‘Scemi di guerra’. È stato un ritorno nel capoluogo per lui, storica figura di spicco tra gli ospiti del Festival del giornalismo prima di essere escluso dall’ultima edizione. Aveva accusato che con il nuovo governo Meloni già si vedeva la diffusione negli ambienti culturali del ‘pensiero unico’. Ci è tornato sopra, con una battuta pungente come è nel suo stile, prima di aprire il monologo alla Sala dei Notari e intrattenere per un’ora i presenti con la sua visione sulla guerra in Ucraina. Finita la conferenza lo abbiamo raggiunto e ne abbiamo voluto sapere di più, partendo proprio dalla politica umbra.

Marco Travaglio

Sta facendo molto parlare anche a livello nazionale la vittoria politica di Stefano Bandecchi a Terni. Che ne pensa?

«È una naturale evoluzione del berlusconismo, visto l’uso dei media e del calcio per fare politica oltre alla trasversalità. Ho scoperto che con Unicusano ha finanziato pure la Boschi, quindi i suoi presunti avversari. Un bell’emblema dei tempi che viviamo. Bandecchi può essere pericoloso nel luogo dove agisce. In questo momento quindi a Terni, che ha detto però essere un trampolino di lancio per la Regione e per l’Italia. Speriamo allora che gli elettori lo fermino prima. Ora lo hanno votato al ballottaggio e devono prendersi le loro responsabilità».

Da fuori, come giudica la situazione regionale in Umbria?

«Mi dicono, da quello che sento dai miei colleghi, che non è governata bene e non è stata una buona esperienza amministrativa. Ai tempi del Covid mi pare, anzi, sia stata una pessima esperienza amministrativa nascosta dal fatto che c’erano state in precedenza altre giunte di sinistra che avevano fatto ancora peggio. Spetterà molto agli elettori: credo che siano colti e consapevoli, se devono punire qualcuno mi auguro che lo facciano».

Passiamo al suo libro, chi sono gli ‘scemi di guerra’?

«Gli scemi di guerra sono quelli che si bevono la propaganda e si lasciano convincere che con le nostre armi dobbiamo continuare ad alimentare una guerra infinita che può portare soltanto o alla distruzione totale dell’Ucraina o, peggio ancora, a una guerra nucleare mondiale che ci riguarderebbe da vicino. Pensano che lo facciamo per i nostri interessi, quando sono quelli di americani, inglesi e di tutti gli altri che lucrano su questa guerra almeno quanto i russi. C’è un aggressore e un aggredito. Come ha detto il Papa, però, non è la favola di cappuccetto rosso perche qui ci sono due lupi».

Analizzando una guerra, come si possono distinguere buoni e cattivi?

«Non bisogna mai applicare alla guerra concetti moralistici come il buono e il cattivo. Le cause vanno investigate bene. Al massimo i buoni sono i civili ucraini. Non ci sono buoni nel governo americano, ucraino o nei vertici Nato e dell’Unione Europea. Questi presunti buoni lo sarebbero solo perché loro dicono di esserlo, ma a questo punto lo dice anche Putin. Bisogna andare a vedere cosa c’è nei loro armadi e questi sono pieni di scheletri. Pieni di guerre, uguali a quelle di Putin e addirittura più distruttive. Nessuno può dare lezioni di morale, di diritto internazionale, di rispetto dei diritti umani e di autodeterminazione dei popoli. La Nato li ha violati insieme e addirittura prima di Putin. Gli ha insegnato come fare la guerra a Paesi che non ci avevano neanche aggredito come la Serbia, l’Iraq e l’Afghanistan. Così nel 2022 è arrivato Putin che ha fatto una guerra e non l’ha chiamata tale. Missione speciale equivale a ingerenza umanitaria, lotta al terrorismo, sostegno alle primavere arabe. Tutti eufemismi che abbiamo usato noi per ribattezzare le nostre sporche guerre».

L’Italia in questo scenario come dovrebbe muoversi?

«L’Italia ha la fortuna di avere una Costituzione che ripudia la guerra. Avrebbe tutta la legittimazione di dire ai propri partner di stare dalla parte del popolo ucraino e aiutarlo dal punto di vista civile con medici, ingegneri e tutto quello che serve. Dal punto di vista militare potremmo mandare solo giubbotti antiproiettili e caschi. Possiamo non partecipare a una guerra che non riguardi la difesa della nostra Patria o di uno stato alleato. Tra l’altro le nostre armi influiscono poco. Dovremmo ritagliarci un ruolo di mediatori della pace. Perché lo sono il Vaticano (monarchia), la Turchia (dittatura), la Cina (dittatura) e Israele, un paese dal governo quantomeno controverso? E non c’è un Paese europeo che si ponga come sede di mediazione di pace? Potremmo farlo noi grazie alla nostra Costituzione, invece stiamo sprecando questa occasione».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli