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Home » Umbria, caso Moretti: «Scarsa prudenza»

Umbria, caso Moretti: «Scarsa prudenza»

di Marco Torricelli
27 Ottobre 2016
in Cronaca, Dal territorio, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Alfiero Moretti

Alfiero Moretti

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Maria Grazia Carbonari
Maria Grazia Carbonari

di Maria Grazia Carbonari
Consigliera regionale del Movimento 5 Stelle

Apprendo da fonti giornalistiche la notizia che l’ingegner Alfiero Moretti, attuale dirigente regionale del Servizio Organizzazione e Sviluppo del Sistema della Protezione Civile, è stato rinviato a giudizio nel gennaio 2015 con la grave accusa di concorso in turbativa d’asta per la vicenda dell’affidamento della gestione dell’Auditorium di Foligno.

Questo mi spinge a riflettere, così come già feci in occasione della proroga della nomina di Maurizio Oliviero in ADISU, sull’opportunità politica della Giunta regionale di procedere a tali nomine pur se a conoscenza della posizione giudiziaria del candidato.

Questa nomina assume oggi una particolare rilevanza, in considerazione del ruolo centrale che questi ricopre a seguito del sisma che ha colpito la nostra regione e, soprattutto, in considerazione di tutte
le operazioni che si renderanno necessarie per la risoluzione della crisi e la ricostruzione.

Premetto subito che ho coscienza del principio costituzionale secondo cui ‘L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva’. E questa mia riflessione non ha infatti come destinatario l’ingegner Moretti, al quale anzi auguro di chiarire quanto prima in sede processuale la sua posizione, o chiunque si trovi in una situazione analoga.

Il destinatario è piuttosto la politica, che, ricordando l’antico precetto latino molto spesso citato dal magistrato Piercamillo Davigo, ha la responsabilità morale di ‘apparire’, oltre che ‘essere’ trasparente.

Rimango sempre molto perplessa quando incarichi di tale importanza e delicatezza vengano affidati a persone rinviate a giudizio con accuse molto gravi e che riguardano proprio la gestione della cosa pubblica.

In queste situazioni, a mio parere, il decisore politico dovrebbe anzitutto adottare il principio della prudenza che, ricordo, è virtù cardinale al pari della giustizia.

Per poter procedere ad un rinvio a giudizio ci sono requisiti molto stringenti, i quali in molti casi già sono il frutto di approfondite indagini da parte degli inquirenti, non si tratta certo di semplici accuse infondate e ancora non verificate.

Per questo tali elementi dovrebbero essere valutati autonomamente, caso per caso, da chi conferisce
questi incarichi, soprattutto in considerazione del legame tra il reato contestato e il ruolo che la persona sarà chiamata a svolgere per la collettività. Si tratta insomma di valutare e compensare i contrapposti interessi di presunzione di non colpevolezza del singolo imputato, con l’interesse della comunità che sarà oggetto del suo operato a non correre rischi quando questi sono prevedibili ed evitabili.

Considerazioni ovviamente molto delicate, che però la politica ha il dovere di svolgere, pena la corresponsabilità politica del decisore che volutamente ha ignorato elementi di fatto già conosciuti
all’epoca e che avrebbero dovuto orientare la selezione.

Urge infine una rigorosa e definita normativa regionale che regoli in modo stringente le ipotesi di incompatibilità a ricoprire incarichi apicali per tutti i condannati in via definitiva per reati contro la pubblica amministrazione nella Regione Umbria e in Enti da essa controllati.

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