Umbria, la crisi morde: generazione perduta?

Il rischio è che per ritornare ai livelli occupazionali dell’antecrisi servano davvero vent’anni (e forse più nel caso umbro)

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di Walter Patalocco

Sì, per crescere si cresce, ma ad un ritmo così lento che ci vorranno vent’anni perché i senza lavoro in Italia scendano al livello di prima della crisi, e cioè al 2007. La valutazione del Fondo Monetario Internazionale riguardo l’Italia è nota, come note sono le motivazioni (servono più riforme, specialmente nella pubblica amministrazione e nella giustizia), come note sono le repliche del governo italiano il quale sostiene che le prospettive elaborate dal Fmi sono troppo negative rispetto alla realtà. Mentre c’è da augurarsi che sia così come sostiene il governo, gli analisti suggeriscono, in ogni caso, di darsi da fare.

Come va a casa nostra, in Umbria? Beh, i dati sono spietati. Perché se deve preoccuparsi chi cresce poco, cosa deve fare chi – come l’Umbria appunto – resta in stallo? Il rischio è che se per ritornare ai livelli occupazionali dell’antecrisi servissero davvero vent’anni (e forse più nel caso umbro) quella espressione ad effetto di “generazione perduta” comincerebbe ad avere qualche aderenza alla realtà.

Tra i giovani della fine del millennio scorso, girava come battuta, una specie di slogan dello sfaticato: “Fatti mantenere da tuo padre fino a quando non avrai figli abbastanza grandi da poterti far mantenere da loro”. Beh, come battuta può anche strappare un sorriso, ma se diventasse qualcosa di diverso…

In Umbria – dicono i numeri – nel primo trimestre 2015 (i dati sono dell’Istat) gli occupati erano il 4,2% in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. Vale a dire che si è passati da 367 mila occupati a 352 mila. Si sono persi, in sostanza, sedicimila posti di lavoro: praticamente tutti gli abitanti di Todi. Tra le regioni del centro Italia solo le Marche stanno peggio, visto che hanno 36 mila occupati in meno (5,5%), ma la Toscana è sotto del 2,5%, l’Emilia Romagna del 3, l’Abruzzo del 3,3 mentre il Lazio presenta un saldo positivo del 4%, con gli occupati che sarebbero aumentati nello stesso periodo di 88 mila unità,

Si tratta di dati spalmati su un arco temporale di cinque anni duri. Quel che però lascia alcuni dubbi è che in Umbria non ci sono segni evidenti di diminuite difficoltà negli ultimi tempi, almeno sempre affidandosi ai freddi numeri: il tasso di disoccupazione che nel primo trimestre 2014 era del 12,3% (Italia 13,5) è salito al primo trimestre 2015 al 12,5% (Italia 13).

Va però detto, in positivo, che contemporaneamente è aumentata la forza lavoro passata in un anno da 395mila unità a 402 mila: settemila in più, di cui seimila sono andate ad aumentare il numero degli occupati (da 346 mila a 352 mila) e mille il numero di coloro che sono in cerca di lavoro (da 49 mila a cinquantamila).

Eppur si muove, quindi, qualcosina anche in Umbria, ma probabilmente ha ragione chi prova a ‘frustare’ le istituzioni pubbliche perché si prenda il toro per le corna, e con forte determinazione, prima che davvero una generazione debba un domani raccontare che è stata mantenuta dal padre fin quando non è stata mantenuta dai figli.

Le istituzioni: perché se è vero – come affermava l’ex sindaco di Terni Gian Franco Ciaurro – che “Il Comune non può aprire una fabbrica di biciclette” e pur vero che, come aggiungeva lo stesso Ciaurro, “si può far qualcosa perché ci sia chi trovi convenienza a farlo”.

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