Prende vita il dibattto attorno al documento siglato da oltre 50 ternani, coordinato dal Luca Diotallevi di Azione Cattolica, presentato nei giorni scorsi a Terni anche per indicare al territorio una direzione verso cui ripartire, per costruire un futuro diverso dopo l’emergenza coronavirus. Pubblichiamo qui la lettera di un lettore di umbriaOn.
di Roberto Vallerignani
Ogni volta che si lancia e si discute un’idea per il rilancio del territorio della conca ternana lo seguo con interesse. Certo che va sviluppato il dialogo, ma senza rischiare la Babele, certo che va sottratta la ‘gestione’ del futuro al conservatorismo e certo che vanno potenziate le vie di comunicazione. Ho pensato un programma televisivo, Marattan Transfer, proprio per raccontare questo viaggio immaginifico alla scoperta delle eccellenze e delle bellezze della nostra terra.
Ma è proprio la bellezza che manca in ogni ragionamento, senza la quale possiamo avere le vie più efficienti ma nessuno approderà per più di un pomeriggio a questi lidi. La bellezza intesa come sistema ma anche come novità. In una puntata del nostro programma ragionavamo sul fatto che Terni vanta le reliquie di uno dei santi più importanti al mondo ma la casa dove sono custodite non è sicuramente all’altezza e la sua attrattiva è sconsolante. I templi nella storia hanno avuto sempre il loro fascino, Erostrato distrusse quello di Artemide, l’ottava meraviglia del mondo, per divenire immortale. E noi non edifichiamo più templi, non progettiamo meraviglie, abbiamo ceduto alla malinconia di un passato che fu, al grigiore dell’atto manutentivo, spesso neanche ben riuscito.
La società si è sbriciolata nel post sogno multimediale ternano, da pionieri dell’immagine in movimento 2.0 ci siamo trasformati in nostalgici rincorrenti 4.0: svaniti gli effluvi del miraggio culturale (di templi diroccati, in realtà, abbiamo cosparso la zona), naufragati poli universitari e didattici in genere, galleggia la grande industria, sempre più in difficoltà, sempre più senza alternative. Il futuro latita, irride le nuove generazioni. Questo stato di depressione sociale, civile e culturale lascia il segno in ogni volto che si incontra per piazze e vicoli: manca il domani. E senza un’idea del domani si mortifica anche l’adesso.
Ecco perché bisogna tornare a parlare di bellezza: per reintegrare speranze. Non ho competenze in merito, ma la città di Terni è brutta, il circondario, se si escludono centri storici abbarbicati sulle colline intorno, ha l’attrattiva di una periferia sovietica degli anni ’70. Gli ultimi interventi di imbellettamento architettonico sono di 30 anni fa. Tra la Marattana e la Flaminia gruppuscoli di capannoni grigi sembrano greggi assaltate da branchi di lupi e lasciate sul posto ad agonizzare.
Abbiamo bisogno di orgasmi liberatori, non di tetri comitati, c’è necessità di una botta di vita non di plumbee e burocratiche determine. La vita di oggi andava pensata 10/15 anni fa e non è stata pensata, quindi va immaginata ora, subito, immediatamente. Due o tre cose su cui puntare lo scarso bottino di cui si dispone, come un azzardo alla roulette.