«Ci chiediamo che intenzioni abbia l’Unicoop Tirreno per i 5 negozi dell’Umbria. L’Umbria per l’Unicoop è un territorio marginale che, nonostante le rassicurazioni avute negli anni, non facciamo che assistere a chiusure dei punti vendita umbri: Montefranco, Narni e l’adiacente Contigliano. In un territorio dove – ad Amelia – nel 1984 mosse i primi passi Coop Tevere, per poi estendersi nell’Alto Lazio ed arrivare al 1 ottobre 2004 alla fusione con Unicoop Tirreno, dagli scenari odierni affatto rassicuranti». La richiesta e la ‘denuncia’ in merito alla situazione di Unicoop Tirreno arriva da Cgil Filcams, Cisl Fisascat e Uil Uiltucs: sabato mattina – la manifestazione è di stampo nazionale, con riflessi anche in Umbria – prosegue lo stato di agitazione con un’ora di sciopero in tutti i punti vendita.
Certezze occupazionali Da Terni in particolare si richiedono garanzie di un certo tipo: «Per quanto riguarda le chiusure – dice Desiré Marchetti, segretaria provinciale della Filcams Cgil – c’è da aggiungere la sede amministrativa di Terni. I lavoratori del punto vendita Unicoop Tirreno di Fabro, con tutti i lavoratori umbri , chiedono certezze occupazionali in un quadro complessivo di difficoltà dell’azienda che non hanno, loro stessi, contribuito a determinare».
Gli esuberi e la terziarizzazione Un problema che coinvolge l’intero territorio nazionale, come spiegano i sindacati: «Sono stati dichiarati 160 esuberi nella sede di Vignale, ma la riorganizzazione della sede non è ancora avviata, inoltre la terziarizzazione ulteriore della logistica e l’internalizzazione di alcuni servizi hanno formalmente aumentato gli esuberi complessivi. L’utilizzo della Cigs è stato assolutamente parziale, cosa significa? Quando si apre il confronto per la rotazione della cassa? Vogliamo chiarezza sulla ristrutturazione della sede. La cooperativa dichiara che non vuole più proseguire la propria attività in Campania. Ai 100 lavoratori nessuna risposta viene data, i negozi chiudono? Quando? Verranno ceduti? A chi? L’occupazione verra salvaguardata? Vogliamo chiarezza e futuro per l’occupazione. La chiusura di Terracina è l’epilogo di un disastro: dopo essere stato ceduto ad un imprenditore locale in franchising ed aver generato un contenzioso con lo stesso imprenditore che ha solo determinato costi per la cooperativa, Unicoop Tirreno ha dichiarato che avrebbe tentato il rilancio; all’improvviso viene dichiarata la chiusura del punto vendita e i lavoratori subiranno una procedura di licenziamento. Vogliamo la salvaguardia occupazionale che era stata promessa. La cooperativa ha avviato l’affidamento a terzi di alcune attività al posto dei dipendenti della Coop, nei reparti pescheria di 3 punti vendita verranno impiegati dipendenti di altre aziende. La cooperativa dichiara che è solo una sperimentazione, quindi verrà esportata in altri negozi? E in altri reparti? Quanti esuberi generera? Le terziarizzazioni non le vogliamo».
Calvario Marchetti sottolinea che «sono stati dichiarati 18 punti vendita a rischio chiusura o cessione, la cooperativa a maggio si è impegnata a ricollocare i dipenddenti. Da lì è iniziato un calvario di comunicazioni confuse e disordinate, i negozi vengono dichiarati in chiusura, poi la cooperativa ci ripensa, p0i li chiude in pochi giorni. Questo il rispetto che la cooperativa ha verso le persone che da anni lavorano in questi negozi? Inoltre la cooperativa come garantirà il presidio nei territori in cui e radicata? Come garantirà il servizio ai soci? Inizialmente la cooperativa ha dichiarato esuberi in una serie di negozi e condiviso l’utilizzo di ammortizzatori sociali con i sindacati. Poi invece scopriamo che sta utilizzando in modo spropositato tempi determinati e straordinari 0 addirittura fa fare ore in più senza pagarle promettendo di fare recuperare in futuro. Quindi gli esuberi ci sono 0 no? In alternativa c’è bisogno di più personale? Ed è sostenibile per il bilancio della cooperativa? Se Unicoop tirreno è in crisi e dovuto anche ad una gestione inefficiente dei negozi. Non accettiamo che si prosegua in questa direzione».
Piano industriale Infine i sindacati ‘invitano’ la cooperativa «a rispettare il piano industriale che è stato alla base dell’accordo sottoscritto a maggio del 2017. In quell’accordo le lavoratrici ed i lavoratori hanno ridotto il proprio salario per salvare la cooperativa e tutta l’occupazione. Chiediamo che il sistema cooperativo si faccia carico dell’operato delle proprie associate. Le imprese della distribuzione sono inevitabilmente coinvolte nel piano di riorganizzazione e non possono fingere di non sapere del caos che si sta determinando in Unicoop Tirreno».