Preghiera al tempio nella Calcutta ternana

Oltre 700 indiani a Terni nella prima comunità extraeuropea: «Qui stiamo bene, ma la crisi è pesante». Il 1° aprile raduno dei fedeli

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di F.L.

Se il cognome Singh è entrato, ormai da diversi anni, nella top ten dei più diffusi a Terni – arrivando fino al sesto posto – non è di certo una casualità. Così come i colori e gli odori speziati e d’Oriente che si avvertono in varie parti della città lo testimoniano. Oggi la comunità indiana che ha scelto di vivere nella ‘conca’ è tutt’altro che marginale: oltre 700 persone residenti solo nella città dell’acciaio, più di 1.000 in tutta la provincia, numeri più che raddoppiati nel giro di una decina d’anni. È la prima comunità straniera extraeuropea ad avere scelto di vivere nel ternano, la quarta in assoluto dopo rumeni, albanesi ed ucraini.

IL TEMPIO A TERNI – LE FOTO

Quartieri multietnici Molti indiani – in gran parte giovani, visto che le donne hanno un’età media di poco superiore ai 25 anni, gli uomini di poco inferiore ai 30, quasi tutti provenienti dallo Stato del Punjab – vivono nella zona della Polymer, tra villaggio Campomaggio e via Narni. Altri hanno scelto invece l’area di piazza della Pace. I prezzi bassi degli affitti ed il passa parola tra connazionali li ha spinti a cercare da queste parti un tetto per sé e la propria famiglia, spesso formata da due o tre figli. I vicini ternani li apprezzano per la loro discrezione ed educazione, ma anche per il loro spirito di sacrificio, visto che si dimostrano gran lavoratori: sono per lo più impiegati nell’edilizia o nell’industria, come operai, oppure nell’agricoltura come braccianti. Ma c’è anche chi ha deciso di prendere in mano la situazione e mettersi in proprio aprendo un’attività, anche nel settore del commercio. In via di Porta San Giovanni, zona questura, c’è ad esempio un Indian Baazar, un altro alimentari (che non si limita a vendere il solo cibo indiano, ma proveniente da tutto il mondo) è stato aperto da tempo in piazza Tre Monumenti. E a frequentarlo – dicono i titolari – sono anche gli italiani.

Luci e ombre «Il rapporto con i ternani è sempre stato molto positivo, non ci sono mai stati scontri di nessun tipo e si vive in armonia» spiega Lovedeep Banger, 24enne originario dell’India da 18 in Italia, ex rappresentante della comunità di connazionali nella Consulta degli immigrati del Comune di Terni. «Gli indiani, effettivamente, tendono a chiudersi un po’ in loro stessi e a vivere all’interno della propria comunità. Quindi non danno problemi ad altre persone» aggiunge Lovedeep, che da anni lavora per superare le diffidenze e favorire l’integrazione. Anche se la crisi di un territorio dove mancano opportunità, spiega, sta rallentando i nuovi arrivi o il semplice ricambio tra connazionali. «Tante persone stanno iniziando ad andarsene – continua Lovedeep – soprattutto quelle che hanno una certa età, perché se non c’è lavoro per i giovani, figuriamoci per loro. Molti hanno deciso di trasferirsi in Germania o in Inghilterra. Anche mio padre si è trasferito un paio di anni fa, io vedrò cosa fare, ancora non so».

La preghiera al tempio Per chi decide di rimanere a Terni un punto di incontro e sostegno importante, dal punto di vista spirituale e non solo, è il tempio Ravidassia (un culto monoteistico nato da una costola dei Sikh e basato sugli insegnamenti del santo Ravidass), che ormai da 11 anni si trova in via Narni. Qui, ogni domenica, i fedeli si incontrano non solo per pregare il loro libro sacro – a piedi scalzi e con il capo coperto -, ma anche per bere un thé o mangiare insieme. Gli uomini da un lato, le donne e i bambini dall’altro. Decine di fedeli, che diventano molti di più nelle giornate di festa. La prossima è in programma il primo aprile, casualmente proprio in concomitanza con la Pasqua cristiana, quando in questo tempio, per venerare il loro santo, si raduneranno oltre 300 indiani provenienti anche da altre città del centro Italia. «Per stare qui ci autososteniamo – spiega Resham Lal, capo spirituale della comunità, in Umbria dal 1998, dal 2003 residente a Narni -, ogni famiglia offre 10 euro al mese e così riusciamo a pagare i 1000 euro necessari, tra affitto e bollette, per continuare a tenere aperto questo tempio. Ma diverse famiglie – conferma – hanno deciso di andarsene perché stare in Italia è sempre più difficile economicamente. Altrimenti qui si vive bene».

Signor Singh Per saperne di più su chi rimane, può essere utile conoscere una curiosità sul cognome Singh di cui sopra: significa leone, simbolo di forza e fierezza, ma è anche il nome di una particolare etnia. Il fatto che sia arrivato al sesto posto tra i più diffusi in città – accanto ai più ‘autoctoni’ Rossi, Proietti e Conti – è dovuto alla particolarità degli indiani di non avere dei cognomi veri e propri, ma riferimenti alla casta di appartenenza. Singh e Kaur, che risulta il secondo tra i cognomi più diffusi tra i residenti stranieri, anche se molto più a distanza, sono infatti dei nomi intermedi, utilizzati il primo per gli uomini e l’altro per le donne, tra il nome della casta sikh e il nome proprio. Ecco dunque spiegato il boom all’anagrafe.

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