Terni, disoccupazione: «Giovani i più colpiti»

Il ruolo degli istituti tecnici per ‘arginare’ il dramma sociale, partendo dall’orientamento. Se ne è parlato con Susanna Camusso

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Una città, Terni, alle prese con una disoccupazione – soprattutto giovanile – importante. Cosa può fare la scuola e come devono orientarsi famiglie e studenti per cercare nuove prospettive che partano dalla migliore formazione possibile? Di questo si è parlato nell’incontro organizzato sabato mattina dall’ITT ‘Allievi – Sangallo’ di Terni, con il contributo di Unla e Anppia, e che ha visto la presenza della segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, del presidente di Confindustria Umbria Antonio Alunni, del presidente di Confartigianato Imprese Terni Mauro Franceschini e del presidente di Unla Terni Giocondo Talamonti.

PARLA SUSANNA CAMUSSO (CGIL) – VIDEO

Quadro poco confortante Si parte dall’iscrizione alle scuole, mediamente alta per i licei (59,5% a Terni contro un 55,3% nazionale) e decisamente più bassa per le scuole tecnico professionali. A disegnare il quadro è stata la dirigente dell’ITT, Cinzia Fabrizi: «Ciò che preoccupa di più è il tasso di disoccupazione giovanile che colloca Terni al 23° posto della graduatoria nazionale con un poco confortante 49%. Il dato è ancora più negativo se confrontato con il 16% registrato nel 2004. Poi ci sono i ‘neet’, giovani che non studiano né lavorano e non cercano lavoro: il 21%».

I problemi «Diverse imprese (21 fra il 2017 e il 2018, ndR) si sono rivolte alla nostra scuola per cercare nominativi di diplomati da inserire nel mondo del lavoro, a partire dagli ambiti della meccanica, dell’elettronica, dell’elettrotecnica e chimica. Purtroppo – ha detto Cinzia Fabrizi – non riusciamo a rispondere alle richieste delle imprese per la mancanza di studenti disponibili. Quelli ‘bravi’ o lavorano o proseguono gli studi e, naturalmente, non basta avere il ‘pezzo di carta’ visto che senza competenze adeguate, anche un elettronico non supera i colloqui di selezione».

I quesiti Poi, le domande della preside: «Non si può certamente dire che la disoccupazione dipenda integralente dalla formazione non adeguata, ma possiamo dire che è un dato che contribuisce a rendere più difficile la situazione dei giovani? Possiamo dire che uno studente che sceglie un percorso tecnico ha minori probabilità di essere un disoccupato rispetto a uno studente che si iscrive ad un liceo? Si può dare questa indicazione ai genitori e ai docenti delle scuole secondarie di primo grado che formulano il consiglio orientativo agli studenti? Possiamo dire a uno studente che deve scegliere l’università, che le facolta ad indirizzo tecnico scientifico danno maggiori possibilità occupazionali?». All’orizzonte, la speranza di una ripresa degli istituti tecnici per riappropriarsi di quel ruolo centrale che avevano negli anni ’70 e ’80.

La segretaria della Cgil «Prima di tutto – ha detto Susanna Camusso – dobbiamo rimettere il tema dell’istruzione al centro delle politiche del paese, dopo una lunga stagione in cui lo si è trascurato, si è tagliato sulla scuola, seguendo l’idea sbagliata che bastasse entrare al lavoro in qualsiasi modo o forma, senza dare il giusto peso ai processi di formazione precedenti. Al contrario, la storia dell’istruzione tecnica, anche quella di questo istituto, testimoniano l’importanza che i percorsi di formazione rivestono anche in un’ottica di innovazione e trasformazione del sistema produttivo».

«Pochi investimenti» «Viviamo una fase di grande trasformazione tecnologica – ha aggiunto la segretaria generale della Cgil – ma l’innovazione va sempre accompagnata da maggiore formazione e da un’innalzamento della qualità della formazione stessa, e quindi, il futuro degli istituti tecnico professionali e un loro salto di qualità diventa decisivo per questo paese. Così come è necessario sanare la contraddizione per cui l’Italia è il secondo paese industriale in Europa, ma il penultimo per tasso di laureati» Secondo Sesanna Camusso, la sofferenza del sistema dell’istruzione, ed in particolare di quella tecnica, richiama a responsabilità anche le imprese: «Nel nostro paese non si determina quella necessaria connessione tra i processi di innovazione e l’andamento dell’istruzione anche perché c’è stata una lunghissima stagione di calo degli investimenti, in cui si è pensato che l’unico tema fosse spendere meno e risparmiare abbassando il costo del lavoro, invece di decidere di investire sulla qualificazione del lavoro».

Ast e Area di crisi complessa E il tema degli investimenti che mancano è, secondo la Camusso, anche la chiave di volta per affrontare le tante crisi aperte in Umbria: «Il traino degli investimenti pubblici, oggi assente, rappresentava, soprattutto per territori piccoli come l’Umbria, un elemento fondamentale per la crescita e lo sviluppo. Ma in questa regione vanno anche risolte alcune incertezze che pesano oltremodo, come quella determinata dalla scelta di Thyssen di scorporare Ast dal gruppo e la lentezza con cui procede l’area di crisi complessa, strumento giustamente individuato per salvaguardare il patrimonio industriale di questo territorio, ma che non vede al momento quell’efficacia e, di nuovo, quella volontà di investire necessaria per scommettere davvero sul futuro industriale del paese».

La ‘tocca piano’ Potere al Popolo Terni che non ha affatto gradito l’iniziativa di sabato: «Susanna Camusso, Antonio Alunni e Mauro Franceschini insieme per convincere della bontà dei nuovi modelli di sfruttamento, mentre la scuola viene ridotta a promoter e testimonial della trasformazione in merce degli studenti da dare in pasto alle aziende. Questo è il nuovo modello di scuola – si legge nella nota del partito – voluto dal Pd, dall’Europa e dalla Confindustria: fin da ragazzi devono essere educati ad essere sfruttati e tacere».

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