Mafia in Umbria: «Segnali sottostimati»

La fondazione Caponnetto interviene e parla di «rischi concreti». Intanto la questione-Calabrese tiene banco in consiglio

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Non si ferma il dibattito sulla presenza della mafia e di soggetti legati ad associazioni criminali in Umbria. Ad intervenire questa volta è la fondazione Antonino Caponnetto che, attraverso il suo presidente Salvatore Calleri, parla di «rischio concreto, da non sottovalutare» e stima in «circa 2-3 miliardi di euro il fatturato plausibile delle varie organizzazioni criminali in Umbria».

«Segnali sottovalutati» Per il presidente della fondazione Caponnetto, «i segnali presenti da tempo in Umbria sono probabilmente stati sottovalutati, confidando nel fatto che il territorio, storicamente non mafioso, possedesse un tessuto sociale in grado di respingere i tentativi di infiltrazione».

L’analisi Dai primi contatti, «avvenuti con tutta probabilità attraverso soggetti inviati in soggiorno obbligato», secondo Salvatore Calleri «l’Umbria è stata poi scelta anche da sodalizi mafiosi in fuga o in cerca di ‘silenzio’, per la tranquillità che il territorio offre e per la facilità nel riciclaggio del denaro sporco». Una situazione agevolata anche dal dramma del terremoto, «che ha permesso ad imprese mafiose di altre regioni di infiltrarsi nella ricostruzione».

Il contesto A pesare, secondo la fondazione intitolata al magistrato siciliano che guidò il pool antimafia, è anche «un quadro economico internazionale che mostra una ripresa instabile, con la possibilità di rischi recessivi e che, anche in Italia, rappresenta il terreno ideale per l’infiltrazione criminale di tipo mafioso che punta ad investire i soldi provenienti dalle attività illegali».

Le relazioni Sul tema della mafia in Umbria, la Direzione nazionale e la Direzione investigativa antimafia hanno relazionato in maniera approfondita: «In particolare la Dna – osserva Calleri – considera la ‘ndrangheta come sodalizio autonomo composto quasi esclusivamente da calabresi residenti in Umbria da oltre un decennio, con contatti con la terra di origine ma che agiscono in via esclusiva in Umbria. Nelle relazioni – aggiunge – si trovano ulteriori conferme dei vari ceppi mafiosi e criminali organizzati, italiani e stranieri, dediti alle varie attività tipiche che vanno dallo sfruttamento della prostituzione, alla tratta degli esseri umani, al traffico di rifiuti, al riciclaggio, alla droga ed alle estorsioni».

L’elenco In conclusione il presidente della fondazione invita «non sottovalutare il rischio concreto che questa bellissima terra venga colonizzata dalle organizzazioni criminali, mafiose e non». E stila un elenco destinato a far discutere, quello dei gruppi criminali tracciati sul territorio umbro: «Dai gruppi campani (casalesi: clan Di Caterino, Ucciero, Schiavone. Camorra: clan Terracciano, clan Gallo, clan Magliulo, clan Fabbrocino) a quelli calabresi (clan Pollino, Mancuso, Molè, Bellocco, Grande Aracri, Farao Marincola, Morabito), siciliani (cosa nostra di Agrigento, Carini, Caltanissetta, Trapani, Palermo, stidda di Caltanissetta), ma anche gruppi laziali, pugliesi e, soprattutto, stranieri».

La polemica Intanto lunedì pomeriggio il consiglio comunale di Perugia è tornato sulla questione-Calabrese – l’assessore le cui dichiarazioni in tema di sicurezza avevano sollevato un vespaio di polemiche – con lo stesso esponente della giunta-Romizi che è intervenuto in assemblea per spiegare il proprio pensiero. Francesco Calabrese ha riportato la relazione stilata dalla commissione di inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria, presieduta dal consigliere regionale Paolo Brutti, per evidenziare come i contenuti non siano poi così diversi dal suo pensiero. Critica la minoranza – PD e M5S in particolare – che ha evidenziato come lo stesso Calabrese non sia entrato nel merito della discussione e non abbia argomentato con dati oggettivi le dichiarazioni dei giorni scorsi. Sul punto i consiglieri del PD hanno ribadito la richiesta di dimissioni, accompagnate dalle scuse, da parte dell’esponente della giunta. Analogamente i 5 Stelle hanno chiesto – inutilmente, vista l’assenza dello stesso al consiglio di lunedì – di ascoltare il pensiero del sindaco Romizi sulla vicenda.

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