Terni, ecco il ‘prezzo’ per lavorare in Tk-Ast

Pressioni, minacce ma anche favori, mazzette e assunzioni obbligate. Inchiesta ‘Do ut des’: ecco i nomi

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di F.T.

Il prezzo da pagare per lavorare in Ast. Cristian Spina lo conosce bene. È lui l’imprenditore che, insieme alla procura e alla Forestale, ha contribuito a far cadere il velo dal ‘sistema’ che per diverso tempo – secondo gli inquirenti – avrebbe tenuto banco in acciaieria. Un meccanismo che ha finto per stritolarlo, fino a quando il titolare della Misp, assistito dall’avvocato Carlo Viola, non ha deciso di ribellarsi mettendo tutto nero su bianco.

L’indagine condotta dal sostituto procuratore Elisabetta Massini e dal Nucleo investigativo del Corpo forestale dello Stato di Terni, ha portato alla denuncia di undici persone fra alti dirigenti e funzionari della Tk-Ast. A nove di loro viene contestata l’estorsione che, secondo la procura, sarebbe stata realizzata in diversi episodi fino al 2013. Nel merito, tutti gli indagati si dicono completamente estranei alle contestazioni mosse e certi di poter chiarire la propria posizione in tempi brevi.

Le pressioni Secondo gli inquirenti, sette degli undici indagati – fra cui i responsabili dell’area tecnica-servizi e del personale, oltre al responsabile e al gestore degli ordini per l’area Sau – avrebbero fatto pressioni per costringere l’imprenditore a sottoscrivere la dichiarazione di terzo responsabile per le caldaie di Tk-Ast, nonostante non gli impianti fossero a norma. Un meccanismo che, per la procura, sarebbe stato attuato attraverso minacce (come quella di revocare il contratto in essere per la manutenzione delle centrali termiche Ast), sanzioni immotivate, pagamenti ritardati ad arte e azioni finalizzate a mettere in difficoltà l’azienda e i suoi lavoratori. Il tutto senza però raggiungere l’obiettivo, visto che lo stesso imprenditore non ha mai accettato di firmare il documento.

Mazzette Secondo gli inquirenti, sarebbe stato necessario sborsare denaro per entrare a far parte delle imprese che lavorano in acciaieria e ottenere le informazioni ‘giuste’ sulle gare d’appalto, così da formulare l’offerta migliore. Ma il gioco – e il giogo – non sarebbe finito lì, visto che la Misp, pur di non perdere l’appalto in essere o ricevere sanzioni, avrebbe dovuto realizzare decine di ‘favori’ completamente gratis.

Tutto gratis Dalla costruzione di una rimessa (per lavori pari a 20 mila euro) presso l’abitazione della moglie di uno degli indagati, alla sostituzione e manutenzione di caldaie nelle case private di impiegati influenti e alti dirigenti, ma anche assunzioni obbligate di parenti degli stessi e così via. C’è anche chi, dietro la promessa di mettere fine al ricatto, aveva fatto ‘shopping’ nel negozio di antiquariato dello zio dell’imprenditore vessato, portandosi via due poltrone e tre sedie antiche – per un valore di 1.060 euro – senza scucire il becco d’un quattrino.

Il futuro L’indagine conclusa dal pm Elisabetta Massini è probabilmente destinata a produrre conseguenze significative all’interno dell’azienda. Qualcosa, fra le righe, lo si può intuire dal comunicato in cui Ast precisa che «oggetto dell’indagine non è l’azienda, ma singoli individui». Sul punto, ThyssenKrupp e Ast chiedono di chiarire la vicenda «al più presto», sottolineando come l’azienda stia «collaborando pienamente alle indagini».

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