Terni: «Inceneritori privi di permessi»

Il comitato ‘No inceneritori’: «Non hanno richiesto l’Autorizzazione unica»

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La denuncia è chiara: «L’inceneritore Aria, il biodigestore GreenAsm e l’altro, di Sao Acea, di biogas da discarica, non hanno mai fatto richiesta del procedimento di Autorizzazione unica prevista dal decreto 387 del 2003». Insomma: «I tre impianti sono considerati ‘alimentati a fonti rinnovabili’, e quindi godono dei famosi incentivi pubblici per l’energia prodotta, ma senza alcun titolo autorizzativo».

La diffida A dirlo è il comitato ‘No inceneritori’ di Terni: «Stiamo verificando – spiega il portavoce del comitato, Fabio Neri – se questo configuri una qualche violazione, intanto diffidiamo il Comune e la Provincia alla immediata sospensione delle attività, in attesa che il Gse (il Gestore dei servizi energetici), Provincia ed enti competenti facciano le loro verifiche».

Le osservazioni Tutto nasce dalle osservazioni prodotte dal comitato ‘No inceneritori’ e depositate in Regione qualche mese fa «per opporsi alla richiesta di Valutazione di impatto ambientale (Via) inoltrata da Aria – Acea, in cui chiede di poter bruciare i rifiuti urbani (anche da fuori regione) cogliendo l’occasione data del decreto ‘Sblocca Italia’. Tra le altre cose si opponeva proprio il fatto che un impianto che godesse della qualifica di ‘alimentato a fonti rinnovabili’ non avesse appunto l’Autorizzazione unica necessaria e quindi di non avere diritto ai milioni di euro di incentivi, inviando copia delle osservazioni anche al Gse».

Il Gse L’ente pubblico che si occupa proprio di concedere o meno la qualifica di impianto a fonti rinnovabili e, soprattutto, quello che elargisce i lauti incentivi pubblici, dice Neri, «ci comunica a fine gennaio che a seguito delle nostre osservazioni apre una ‘interlocuzione’ con la Provincia per capire cosa succede. Come se non sapesse già della mancata autorizzazione. L’esito, scontato, è appunto che non solo l’inceneritore Aria; ma anche il biodigestore di proprietà Asm e TerniEnergia a Nera Montoro, dove finisce il poco umido differenziato a Terni e in parte della provincia; nonché l’impianto di biogas estratto dalla discarica di Orvieto della Sao, non hanno i titoli per ricevere gli incentivi, che rappresentano il vero affare di questi impianti e che ne giustificano gli investimenti».

I dubbi A tutto ciò, insiste il comitato ‘No inceneritori’, «si aggiunge anche la notizia uscita sul settimanale L’Espresso del 25 dicembre 2014, dove si leggeva che Acea, ‘secondo il bilancio consolidato, nel primo semestre del 2014, ha incassato 1,5 milioni di euro da incentivi per l’inceneritore di Terni’. Tale fatto, emerge da un’interrogazione rivolta al ministero dello sviluppo economico, fatta dall’onorevole del M5S Federica Daga, la quale sostiene, che da un accesso agli atti fatto presso il Gse, non si trova prova della richiesta di incentivi da parte di Acea, né della loro erogazione».

Le conseguenze Un fatto, dice Fabio Neri, «che lascia stupiti, che apre ovviamente a molte valutazioni sulle procedure e la trasparenza delle stesse, nonché interroga su come le imprese considerino il territorio della Conca. Quanti Comuni accetterebbero tali palesi gravi mancanze? È chiaro che ora si scatenerà uno scaricabarile tra Gse, Provincia, imprese e altri soggetti interessati. Diamo ormai per scontato – con un po’ di ironia – che ovviamente il Sindaco di Terni fosse totalmente all’oscuro di tutto questo. Bene, aspettiamo immediata ordinanza di sospensione dell’attività dell’inceneritore Aria, del biodigestore GreenAsm e che eventualmente lo stesso Comune verifichi la possibilità di avanzare obiezioni anche in sede giudiziaria. Noi ovviamente, tramite il nostro legale lo stiamo già mettendo in campo».

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