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Home » Fondazione Carit Terni: «Politica e indecenza»

Fondazione Carit Terni: «Politica e indecenza»

di Marco Torricelli
19 Febbraio 2016
in Economia, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Marco Cecconi

Marco Cecconi

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di Marco Cecconi
Capogruppo di FdI-An al Comune di Terni

La città – e una delle sue Istituzioni più sane e prestigiose qual è la Fondazione CARIT, che la presidenza-Fornaci consegnerà a breve al successore in condizioni di encomiabile salute ed efficienza – non meritano l’ennesimo teatrino che la politica locale sta mandando in scena.

Tra tentativi lottizzatori chiari come il sole. Nomine fatte da Palazzo Spada a rischio bocciatura, per insussistenza dei requisiti statutari prescritti dalla Fondazione stessa, per entrare a far parte del suo Comitato di indirizzo. E, su tutto, un disegno di ‘messa in liquidazione’ ai quali i ternani sapranno ribellarsi.

Checché ne dica il PD ternano – che nei mesi scorsi, per bocca del capogruppo in consiglio comunale, si è affannato a raccontare le favole, ovvero che sindaco e giunta “non sponsorizzano nessuna cordata” (sarebbe la prima volta, ma purtroppo non lo è…) – quale sia il disegno dell’asse Marini-Di Girolamo è molto chiaro.

Precostituire un assetto del Comitato di indirizzo – chiamato ad aprile a designare il nuovo Presidente – tale per cui ai vertici della Fondazione si insedino imprenditori di conclamata appartenenza politica (che fra l’altro, con le banche, hanno rapporti di ogni genere, magari anche a rischio di conflitto d’interessi). E avvocati che sono appartenuti a tutto e a tutti, nel proprio interesse o di quello dei propri congiunti, prontissimi a svendere l’interesse di Terni: se questo è quel che vuole l’appartenenza di turno.

Si ha un bel dire che – come un cane che si morde la coda – le nomine in questione arrivate da parte del Comune (a prescindere dai meriti personali dei singoli, naturalmente) stanno già provocando sconquassi (come nel caso della sanità) all’interno dello stesso Pd ternano e della coalizione di maggioranza: magra consolazione.

La vicenda va ben oltre una bega di comari. E, anzi, diventa tristemente paradigmatica di quella politica avvitata su se stessa, mai trasparente e sincera, sempre schiacciata nei fondali della conca, così autorevolmente stigmatizzata dal Vescovo in quella sua omelia di S. Valentino che in tanti – tra Palazzo Spada e Palazzo Donini – preferirebbero non aver mai ascoltato e cercano di dimenticare nel silenzio.

La vicenda va ben oltre i teatrini. Si tratta di difendere davvero, una buona volta, la neutralità della Fondazione, anche promuovendone un ricambio di classe dirigente estraneo alle logiche di sempre. Si tratta di difendere l’autonomia di Terni, che finora la politica ha solo immolato sull’altare della realpolitik di partito (dall’università al trasporto pubblico locale, un elenco infinito).

Si tratta di contrastare in tutti i modi quell’ipotesi di scioglimento della Fondazione ternana che la farebbe confluire nel solito ‘organismo unico a baricentro perugino’: vero obiettivo di chi cerca di telecomandare dall’esterno tutta l’operazione.

L’alternativa c’è: e passa attraverso altri nomi. Altri presidenti e rispettivi vice. Altri progetti per il futuro. La Fondazione difenda se stessa. I ternani facciano altrettanto per la propria città. La politica – certa politica – rinunci alla propria indecenza.

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