Un processo in corso di fronte al tribunale di Terni, che vede coinvolte cinque persone, e un altro procedimento in fase di indagine, di fronte al gip di Terni. Come spesso capita quando si ha a che fare con la giustizia, il percorso per giungere alla verità è complesso, articolato e pieno di insidie. Aspetti che mal si conciliano con la disperazione di chi ha perso un proprio caro – il figlio in questo caso, ad appena 25 anni – e pensa che le indagini non abbiano finora fatto luce su come siano andate davvero le cose.
Il processo A urlare tutto il proprio dolore è la mamma di Maringleno Dodaj, operaio albanese, vittima il 18 novembre del 2011 a Narni Scalo di un incidente mentre stava lavorando alla posa in opera di alcuni pannelli sul tetto di una ditta. Il processo in corso vede imputate cinque persone, fra cui l’amministratore delegato dell’impresa committente dei lavori, il coordinatore per la progettazione dei lavori, il presidente del cda dell’impresa affidataria e altri due dirigenti d’azienda.
L’indagine in corso Di procedimento però ce n’è anche un altro, in corso, per il quale la procura ha già chiesto l’archiviazione in due occasioni e che riguarda la denuncia sporta dai familiari del giovane contro i medici del Santa Maria che lo avevano preso in cura dopo il grave incidente. In un’occasione il gip aveva disposto la prosecuzione delle indagini ma ora la procura ha chiesto nuovamente l’archiviazione e l’udienza che si è tenuta in questi giorni, ha portato il tribunale a stabilire un nuovo rinvio, al prossimo 5 dicembre, per la decisione nel merito.

Disperata Un passo che la donna, già estremamente provata dalla tragedia, non riesce ad accettare. E martedì mattina, in preda alla disperazione, si è chiusa all’interno della cappella dove il giovane riposa. In suo soccorso sono intervenuti gli agenti della polizia municipale, i vigili del fuoco e gli operatori del 118 che, con il dovuto tatto, hanno cercato di calmarla e assisterla.
«Voglio giustizia» «Oggi, a cinque anni di distanza – ci spiega la donna – io non so ancora perché mio figlio è morto. Quel giorno non me lo hanno mai fatto vedere e il giudice non ha mai disposto alcuna autopsia. Sono convinta che ci siano delle responsabilità chiare da parte dei medici e che la dinamica debba essere ancora chiarita davvero. Finora, però, non ho ottenuto niente. I giudici hanno chiesto l’archiviazione e hanno deciso per l’ennesimo rinvio. Ma che giustizia è questa? Mio figlio è entrato in sala operatoria quando era già morto e io sono stata completamente abbandonata. Perché non dispongono l’autopsia? Ci sono tante cose da chiarire, come il corpo estraneo individuato dalla tac nonostante non avesse ferite esterne. Io sono qui e non intendo mollare, voglio andare avanti per lui e per la verità».