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Home » «Perugia non è una città per giovani»

«Perugia non è una città per giovani»

di Lucina Paternesi
14 Dicembre 2016
in Attualità, Dal territorio
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Locali che chiudono, multe che fioccano e la pressoché totale assenza di luoghi adibiti a spettacoli con licenza da ballo. In commissione cultura martedì si è tornato a discutere del tema della zonizzazione acustica, questione sollevata già a partire dalla scorsa estate dal consigliere in quota Pd Tommaso Bori dopo che alcune ordinanze sindacali avevano disposto la chiusura di alcuni locali pubblici per sforamento dei limiti di decibel. E dire che basta veramente poco per superare il limite, dal momento che in centro storico non è possibile andare oltre i tre decibel.

La storia La guerra alla movida in centro storico – sempre più attuale a Perugia come a Terni – affonda le sue radici nella delibera consiliare numero 33 del 2002 che poneva un blocco inderogabile sia all’apertura che al trasferimento di locali dove si può ballare in pieno centro. Così, pian piano, molti dei locali già esistenti hanno chiuso o si sono trasferiti, provocando quell’esodo di giovani che, nei week end, si spostano fuori dalle mura inseguendo concerti e feste in discoteca. Su queste basi, già dallo scorso agosto, il consigliere Bori aveva proposto all’amministrazione di rivedere le autorizzazioni e anche il piano economico e commerciale del centro storico per «ripensare un sistema in linea con le principali città europee e italiane».

Residenti vs. commercianti Quello che manca, a tutt’oggi, in realtà, è un punto di equilibrio tra i diritti dei residenti e quelli dei commercianti, come più volte sollecitato da parte degli stessi gestori di locali. «In materia – ha ricordato il dirigente comunale Vincenzo Piro – la legge ha fissato una serie di regole precise necessarie per disciplinare il sistema, i requisiti di insonorizzazione devono essere posseduti dai locali preventivamente al fine di evitare lo sforamento acustico dei limiti di legge». Il sistema in vigore , infatti, prevede sei classi determinate a seconda delle fasce orarie, diurne o notturne, con relative emissioni massime consentite in relazione alle caratteristiche d’uso del territorio. Gran parte del centro storico è configurata come zona 3, ossia area mista, ove insistono attività commerciali ed artigianali, un traffico limitato, una media densità abitativa. Solo alcune aree dell’acropoli, particolarmente sensibili, sono definite 1, ossia di assoluta tutela.

La legge Ma è lo stato a fissare i limiti, appare dunque impossibile che il comune possa derogare tali norme. Le uniche possibilità, peraltro limitate, sono concesse dalla legge regionale e consentono, in particolare, di abbassare ulteriormente i limiti e non aumentarli. Ci sono poi deroghe stagionali e quelle ammesse per attività temporanee. «Nel concetto di rumore – ha specificato Piro – secondo la legge rientra anche quello prodotto dagli avventori con conseguente responsabilità oggettiva in campo all’esercente. Per la rumorosità interna restano prioritari gli interventi strutturali necessari per insonorizzare i locali».

Sanzioni Entrando nel merito delle sanzioni elevate agli esercenti, Piro ha specificato come storicamente le contestazioni non hanno riguardato tanto il mancato rispetto del limite di zona, bensì il superamento del cosiddetto valore limite differenziale, cioè la differenza tra il rumore ambientale in sé ed il rumore artificiale. Al momento, dunque, il limite non è derogabile se non attraverso autorizzazioni temporanee legate a un’attività non fissa. Nuove aperture ci potranno comunque essere purché i tecnici attestino preventivamente il rispetto dei requisiti acustici. «E’ chiaro – ha ricordato Piro – che quando tali limiti non vengono rispettati scattano le sanzioni conseguenti a seguito dei rilievi operati da Arpa. Nei casi più gravi, ci sono stati sforamenti di 22 decibel, il comune provvede alle segnalazioni all’Asl. Quest’ultima può emettere un parere per chiedere al sindaco di pronunciare ordinanze, a tutela della salute pubblica, per la sospensione o chiusura dell’attività».

Regolamento In attesa di capire quali siano i margini politici della manovra – che, al momento, sembrano assai stretti – per riportare giovani in centro e creare luoghi in cui sia possibile ascoltare musica e farlo senza disturbare troppo i residenti, secondo i consiglieri del Pd ci sarebbe da rimetter mano al regolamento ricordando che la vivibilità e vitalità del centro storico deve essere al servizio di tutti i cittadini e non solo dei residenti. Intanto la partita resta ferma e durante la prossima riunione saranno ascoltati i rappresentanti dei residenti, da sempre sul piede di guerra, e i commercianti.

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