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Home » «Covid peggio del terremoto, grazie a medici e infermieri»

«Covid peggio del terremoto, grazie a medici e infermieri»

di Simone Francioli
8 Maggio 2020
in Ambiente e salute, Apertura 5, Coronavirus, In evidenza
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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di F.L.

Quaranticinque giorni di ricovero, tra l’ospedale di Terni e quello di Pantalla, di cui 30 vissuti attaccato ad un respiratore, sospesi in un limbo, oscuro quanto pericoloso. Poi il ritorno alla vita e, passato l’incubo, la voglia di ringraziare chi in questo mese e mezzo c’è stato, con la propria professionalità, ma anche con tanta umanità. È infatti per medici e infermieri dei due nosocomi umbri uno dei primi pensieri da guarito di Francesco – conosciuto come Franco – Natalizi, 68enne di Stimigliano (Rieti), sopravvissuto al covid-19.

SPECIALE CORONAVIRUS – UMBRIAON

Il lungo calvario

Vigile del fuoco per 35 anni, già due volte in passato costretto a lottare (e vincere) contro la malattia, Francesco oggi può raccontare anche questa terribile esperienza. «Febbre e dolori al petto – racconta – sono iniziati a farsi preoccupanti il 15 marzo scorso, quando ho deciso di andare al pronto soccorso di Civita Castellana. Mi hanno fatto delle lastre, ma mi hanno rimandato a casa. La febbre però non scendeva e così due giorni dopo, la sera del 17, mia figlia ha deciso di caricarmi in macchina e portarmi a Terni». Da quel momento, nella mente del 68enne cala il buio, perché al Santa Maria – dove gli viene diagnostica una doppia polmonite bilaterale – arriva già in gravi condizioni, tanto da richiedere il ricovero in rianimazione e l’intubazione. Un calvario, per lui e per i suoi familiari costretti a rimanere lontani, durato un mese. «Io ricordo solo degli strani sogni – continua nel suo racconto -, intanto le notizie che giungevano ai miei figli non erano affatto buone: dopo due tentativi di estubazione andati male, i medici hanno detto loro che se fosse stato così anche per il terzo avrebbero dovuto procedere con una tracheotomia».

La riconoscenza verso i sanitari

Ed invece Francesco miracolosamente si risveglia e viene trasferito al reparto Mar 2. «Qui – e lo dice tra le lacrime – mi hanno trattato davvero in maniera eccellente, così come all’ospedale di Pantalla, dove, viste le mie condizioni in miglioramento, sono stato trasferito prima di essere dimesso definitivamente il 29 aprile. Medici e infermieri non solo si sono dimostrati veramente bravi, ma anche persone di cuore. Si arrabbiavano con me se non li chiamavo, io lo facevo per non disturbarli. E poi a Pantalla erano costretti anche a fare i doppi turni, ma non li ho sentiti mai lamentarsi. A tutto il personale devo dire infinitamente grazie».

Riflessioni e ripartenza

Da vigile del fuoco Natalizi ne ha viste tante, a cominciare dai disastri provocati dai terremoti, come quello devastante dell’Irpinia. «Ma questo virus – dice ancora tra la commozione – è ancora peggio: è vigliacco, circola e si nasconde come un fantasma. È come combattere con i mulini a vento, fa nascere pensieri e dubbi. Penso al futuro, penso ai più piccoli, ci ha fatto tornare 100 anni indietro». Ora per lui c’è però la felicità di essere tornato a casa e potersi godere la famiglia. «Ho perso 23 chili, ma ho ricominciato a camminare con le stampelle e a pedalare anche con la cyclette, spero di tornare presto alla vita di prima». Anche il suo ultimo pensiero è sempre per i sanitari in prima linea. «Ci tengo a quei ragazzi che si sacrificano, la loro è una missione e io ho da vigile del fuoco – conclude – so cosa significa».

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