«Si ribadisce per l’ennesima volta che vi è il problema di una inadeguata gestione del personale di polizia Penitenziaria, che inevitabilmente influenza in senso negativo, anche la gestione dei detenuti». A lanciare un nuovo sos sulla situazione del carcere di Orvieto è il segretario generale del Sappe, Donato Capece.
La missiva
Capece ha inviato una missiva a Massimo Parisi della direzione generale del personale e delle risorse del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nonché al provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per l’Umbria e la Toscana: «All’indomani del gravissimo episodio che ha visto vittima di una feroce aggressione da parte di un detenuto, un ispettore capo del Corpo, il Sappe non può esimersi dal tornare ancora una volta ad affrontare le annose criticità della Casa Reclusione di Orvieto. Consta – sottolinea il segretario generale del Sappe – consta di un’unica sezione detentiva formata da tre bracci e che, per come è strutturata, non vi è la possibilità di dividere la popolazione detenuta ivi presente, tanto che i reclusi fruiscono dei medesimi spazi comuni completamente aperti fino alle 19 di sera».
L’attenzione per il personale
I problemi sono diversi: «Certamente è inopportuna la presenza ad Orvieto di soggetti come quello che brutalmente ha preso a pugni l’ispettore capo, minacciando di ucciderlo, solo perché gli era stato comunicato – va detto dopo diversi solleciti andati a vuoto – che il direttore lo avrebbe chiamato dopo il rientro dalle proprie ferie; si badi bene, soggetto condannato definitivo per omicidio aggravato e con un trascorso penitenziario da far rabbrividire. Premesso questo, però, ad aggravare la situazione c’è il fatto che ad Orvieto si sta lavorando con una media di dieci assenti di lunga data di cui sei per patologie riconducibili all’ansia ed allo stress, su una base di poco più di cinquanta unità. E tantissimi altri sono stati i colleghi, dal 2016 ad oggi, che si sono presi un lungo congedo dall’istituto perché le condizioni lavorative sono di gran lunga peggiorate ed i rapporti con i vertici dell’istituto completamente inesistenti. Basti vedere le foto allegate relative ai già ridotti spazi riservati al personale, che dimostrano la disattenzione che la direzione ed il comandante riservano al proprio personale, che si guardano bene dall’incontrare, dall’ascoltare e dal tutelare. Possibile che in un’organizzazione complessa così importante come quella del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nessuno si sta chiedendo perché? Nessuno si domanda come mai così tanti colleghi accusano patologie legate allo stress, all’ansia, tanto da non riuscire più a lavorare in un ambiente come quello della casa reclusione di Orvieto?»
I pensionamenti ed il distacco
Inoltre – aggiunge Capece – nessuno «si pone il problema del fatto che, riducendosi drasticamente il numero di personale assente per lunga data, al quale devono essere sommati i pensionamenti di colleghi non sostituiti e molti che sono prossimi alla pensione, si crea un ambiente favorevole per i detenuti più facinorosi, i quali vedono bene le falle del sistema e l’impossibilità di contrastare certi loro destabilizzanti comportamenti. Oltretutto, non si riesce a garantire il rispetto del regime disciplinare che è il presupposto del trattamento penitenziario. E in tale situazione, il precedente direttore, ormai in quiescenza, con il placet del comandante, si era pure incaponito nel dover ad ogni costo far turnare il personale su quattro quadranti anziché su tre, riducendo così ancora le risorse disponibili. Non solo, si continua colpevolmente a ‘prelevare’ personale dal servizio d’istituto e impiegarlo come falegname o come fabbro, come barista e come sarto, nonostante gli impegni formali assunti dal neo direttore in missione a tempo determinato di esperire i bandi per l’assunzione dei capi d’arte; ma non ci si aspettava di certo che un Direttore che ‘caccia’ in malomodo dal proprio ufficio un rappresentante sindacale, possa mantenere impegni assunti in una pseudo riunione sindacale. Quel poco personale di polizia Penitenziaria di Orvieto rimasto è stanco di dover quotidianamente prestare servizio in condizioni pericolose e critiche; a volte ci sono addirittura difficoltà nell’assentarsi per consumare i pasti nei posti di servizio interni, negli uffici operativi non c’è sufficiente personale ed in tutto questo chi dovrebbe motivare il personale, chi dovrebbe far sentire la propria vicinanza, non c’è! La direzione e il comando di Orvieto rispondono a tutto questo con continui cambi turni, con distacco verso i propri uomini. Il Sappe non può permettere – conclude Capece – una catastrofe del genere, il Sappe quindi chiede che venga disposta un’ispezione mirata ad accertare le responsabilità di chi ha condotto l’istituto orvietano in queste condizioni; chiede che vengano sentite direttamente le persone assenti da lunga data così da ascoltare con orecchie proprie quali siano le cause di tutto questo assenteismo. Il Sappe auspica che si ponga la giusta attenzione che meritano gli uomini e le donne della polizia Penitenziaria di Orvieto ormai da anni lasciati a sé stessi».