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Home » Terni, Enpa critica: «Proposte FdI? Dubbi e perplessità»

Terni, Enpa critica: «Proposte FdI? Dubbi e perplessità»

di Simone Francioli
28 Gennaio 2021
in Ambiente e salute, Opinioni
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Foto archivio

Foto archivio

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dell’Ente nazionale protezione animali di Terni

Il ‘Regolamento comunale per la tutela e difesa degli animali’ è sempre stato, fin dalla sua approvazione, un fiore all’occhiello per l’mministrazione comunale ternana, forse non perfetto ma completo e condivisibile. Apprezzato e imitato da molti altri comuni italiani, ha rappresentato un punto di riferimento solido per promuovere un sano rapporto uomo-animale- ambiente.

Oggi leggiamo su vari giornali online che il gruppo consiliare di Fratelli d’Italia ha presentato in consiglio comunale una proposta di delibera per modificare vari articoli del Regolamento. Non siamo contrari a priori ad una sua eventuale revisione migliorativa ma le modifiche apportate nell’articolo 32 bis destano molti dubbi e perplessità in chi ha a cuore il destino dei nostri amici a quattro zampe.

La liberalizzazione totale delle adozioni, la cessione dei cani randagi a chiunque fuori regione e addirittura il favore verso le adozioni internazionali (vietate dalla legge regionale dell’Umbria) ci sembrano improntate ad una campagna svuota canili che prescinde dal benessere animale per risolvere in parte i problemi economici del Comune. Per ottenere lo scopo prefissato si cerca di trasformare automaticamente l’affido in proprietà consentendo quindi la totale disponibilità del cane affidato.

Ai sensi dell’art. 219 bis della L.R.11/15 il sindaco è responsabile dei cani catturati nel suo territorio, quindi chi prende in affido un cane randagio non può diventarne proprietario perché il cane è un bene pubblico ed il Sindaco non ha il potere di concedere la status giuridico della proprietà. Da questa norma deriva che l’Asl ha il compito di controllare, nel post affido, il benessere dell’animale affidato e di accertare che sia in possesso delle persone che l’hanno richiesto, non essendo prevista l’autonoma cessione a terzi.

Per quanto riguarda la richiesta di incentivare le adozioni fuori regione, si capisce perfettamente che un cane dato in adozione in tutta l’Italia sfugge poi ad ogni controllo post-affido. Per questo motivo era previsto il parere della Consulta delle associazioni animaliste, che aveva il compito di valutare la validità dell’adozione ai fini del benessere del cane. Nel ‘nuovo’ Regolamento la consulta viene di fatto abolita. L’esclusione delle associazioni vanifica quella collaborazione fattiva che ha sempre contraddistinto i rapporti tra Amministrazione e volontariato Ci chiediamo, non senza qualche sospetto, il perché di questa decisione.

Altro punto non condivisibile delle modifiche riguarda la presenza dei volontari all’interno della struttura comunale: che ruolo compete all’associazione se le adozioni vengono affidate unicamente al personale dipendente del gestore? La conoscenza di ogni singolo animale maturata nel corso di anni di presenza gratuita e costante all’interno del canile, assolutamente fondamentale per la buona riuscita di una adozione, non conta più nulla?

Nessuno deve poi dimenticare che esiste da anni un vasto traffico di cani e gatti da parte di intermediari con organizzazioni straniere, che nulla ha a che vedere con la protezione degli animali ma rappresenta un business che vale milioni di euro. Sono migliaia i cani desaparecidos dei quali non si sa più nulla. Che fine fanno? Il ‘vecchio’ Regolamento li tutelava, ma se saranno approvate le modifiche contenute nell’art 32 bis questa tutela non esisterà più. Altro che ‘dai canili ai divani’. Allora è lecito chiedersi: cui prodest tutto ciò? Chiediamocelo tutti e riflettiamo.

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