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Home » Ospedale di Terni, i sindacati: «Nulla cambia, anzi peggiora»

Ospedale di Terni, i sindacati: «Nulla cambia, anzi peggiora»

di Francesca Torricelli
12 Luglio 2022
in Altre notizie, Ambiente e salute, Opinioni
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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di Giorgio Lucci (Cgil Fp), Nicola Ambrosino (Cisl Fp) e Mauro Candelori (Uil Fpl)

Nulla è cambiato nell’azienda ospedaliera di Terni nonostante gli impegni presi con le organizzazioni sindacali dalle direzioni aziendali, dalla Regione, dall’assessore regionale alla sanità Coletto parecchi mesi fa. Nuova ondata di contagi, l’Umbria si colloca nelle prime posizioni con una nuova fase epidemica acuta a cui la Regione ha risposto, impropriamente, con la decisione di sopprimere le Usca, ossia l’assistenza territoriale dei pazienti Covid, senza proporre alternative se non la solita: ricovero in ospedale.

Ci ritroviamo quindi come sempre: pronto soccorso non più in grado di far fronte a quella che è la sua mission tradizionale, ossia assicurare ad ogni cittadino una rapida e competente presa in carico della persona. Verifichiamo invece che ci sono utenti anziani (anche Covid) che stazionano per ore e ore su barelle in attesa di essere riassorbiti in un reparto, magari con il ‘privilegio’ di avere un posto letto in corridoio, sotto sguardi indiscreti che violano il diritto alla privacy. Ricordiamo i dati emersi qualche mese fa: tra 112 aziende sanitarie, il Santa Maria è risultato al 106° posto, un vero e proprio declassamento (l’azienda ospedaliera di Perugia è al 48°posto).

Pensavamo di aver visto tutto, invece no. La direzione del ‘Santa Maria’, facendo riferimento ad una delibera regionale di fine giugno, si appresta a trasformare i reparti in degenze miste (pazienti Covid e pazienti non Covid) e l’ortopedia in questi giorni è la prima struttura a godere di tale ‘privilegio’. Una direzione che si rispetti dovrebbe, a nostro avviso, segnalare le difficoltà logistiche e di risorse umane nell’attuare una simile delibera, invece di renderla operativa pedissequamente. Forse questa direzione, nonostante le planimetrie alla mano e le riunioni notturne da cui ormai giornalmente sviluppa direttive, spesso anche contraddittorie, non ha consapevolezza delle difficoltà strutturali, logistiche e di risorse umane del ‘Santa Maria’?

I reparti, tranne qualcuno che è stato ristrutturato nel corso degli ultimi decenni diversi volte (sempre gli stessi, chissà come mai), sono obsoleti, da rottamare come l’ortopedia, priva di impianto di condizionamento, dotata di semplici pinguini e ventilatori, inadatti a creare condizioni climatiche accettabili e a contenere la trasmissione del Covid. Per non parlare delle porte che spesso neanche si chiudono, in spazi riadattati maldestramente alla situazione. Ortopedia: non certo una struttura da poter trasformare in un esperimento di una catastrofe annunciata. Struttura che ospita soprattutto pazienti anziani, non Covid e Covid che, proprio perché fragili, possono precipitare in una condizione di instabilità in poco tempo, mentre il personale affannato, due infermieri a turno, corre a destra e a sinistra tra una stanza Covid (previa vestizione e svestizione veloce) e una stanza non Covid.

Il personale in tutto questo dramma è stato implementato ‘abbondantemente’ con un oss nel turno di notte, peraltro sottratto alla geriatria, che in questo periodo ne rimarrà sprovvista. Oss che, se serve, verrà tolto dall’ortopedia per fare i piantonamenti, altro storico problema di questa azienda di cui vi racconteremo in un prossima puntata. A questo punto ci domandiamo: cosa aspetta la Regione ad ammettere che le attuali direzioni delle nostre aziende sanitarie non sono in grado di offrire soluzioni adeguate e realizzabili per fronteggiare la pandemia? Non basta la sfiducia delle istituzioni, della cittadinanza, delle associazioni dei malati, delle organizzazioni sindacali e degli operatori che vi lavorano per prendere atto del fallimento e archiviare le attuali gestioni?

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