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Home » Terni, teatro Verdi: Leonelli dice basta

Terni, teatro Verdi: Leonelli dice basta

di Simone Francioli
12 Luglio 2024
in Altre notizie, Cultura
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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«Simili opere non saranno mai in grado di far crescere culturalmente la nostra città ma ne accentueranno il suo inesorabile declino». Così l’architetto Paolo Leonelli rende noto di aver rinunciato all’incarico di consulente del sindaco Stefano Bandecchi per la ristrutturazione del teatro Verdi.

Terni, rifacimento Verdi: l’architetto Leonelli ‘fiduciario’ del sindaco, c’è il decreto

I problemi? Sono elencati: «Nel merito del progetto in attuazione si rileva, almeno come già più volte fatto, la inutilità di un ridotto interrato circa 7/8 metri per ricavare un inutile locale di soli 150 posti con costi altissimi, gravissimi rischi di cantiere e difficoltà grandi di qualsiasi futuro utilizzo; da segnalare il notevole rischio di reperimento di importanti reperti archeologici poiché il cantiere insiste in una zona archeologica ad alto rischio (vedi relazione dell’archeologa Angelelli); nell’immaginario comune collettivo è radicata la convinzione che la costruzione del nuovo teatro, secondo il progetto vincitore, restituisca alla città una struttura moderna, efficiente e competitiva a livello funzionale nel più assoluto rispetto dei volumi, della capienza, delle dimensioni del palcoscenico e del golfo mistico, (come nel precedente Teatro lirico all’italiana ottocentesco) in grado di poter allestire spettacoli di qualsiasi genere, degni della tradizione passata. Le cose purtroppo non stanno così! Bisogna innanzitutto ricordare che la struttura attuale è quella di un cinema-teatro e non di un teatro, ricavata dal precedente teatro all’italiana (capienza 1.214 posti e non 650 come dichiarato dalla precedente amministrazione comunale) con la riduzione dei volumi della sala spettatori in altezza e del palcoscenico in lunghezza». C’è altro.

Secondo Leonelli dal «progetto vincitore è quindi scaturita una struttura ibrida, senza proporzioni, con volumi assai ridotti rispetto a quelli del Teatro storico (forse anche a quelli del cinema-teatro attuale), con una discutibile capienza di 700/800 posti (per rappresentazioni liriche si dovranno poi togliere sei file di poltrone diminuendo ulteriormente la capienza di circa 100 posti), un golfo mistico notevolmente ridotto che non consente di ospitare un numero sufficiente di orchestrali per produzioni lirico/sinfoniche di rilevanza; un palcoscenico accorciato rispetto all’originale che non è in grado di accogliere importanti masse corali e comparse come richiedono allestimenti tipo ‘grand opera’ e poco funzionale, come confermato da molti specialisti del settore. Nella sala spettatori vengono inoltre realizzate due gallerie che influiscono negativamente sull’acustica la quale invece risulta ottimizzata solo nei teatri all’italiana, come lo dimostrano i più famosi Teatri del mondo. È da evidenziare che la suddetta struttura non ricorda minimamente il nostro teatro all’italiana, infatti è ricavata forzatamente da un cinema, con una sala ribassata e allungata, un golfo mistico inadeguato ad ospitare un numero di orchestrali per importanti rappresentazioni e un palcoscenico accorciato: l’ultimo spettatore delle gallerie ha poca visibilità e ridotta ricezione dei suoni perché molto più distante dal palcoscenico rispetto all’ultimo spettatore del loggione del precedente teatro ottocentesco». Risultato: fine della liaison.

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